Roberto Muzzi, destino incrociato

Cuore biancoceleste, cresciuto nelle giovanili della Roma, in carriera ha vestito anche le maglie di Pisa, Cagliari, Udinese, Lazio, Torino e Padova. Nelle due stagioni in granata i suoi gol sono stati decisivi per la promozione in Serie A prima e per la salvezza poi
Roberto Muzzi, destino incrociato

Le impressioni di settembre del 1971 vengono descritte dalle parole di Mogol e di Mauro Pagani e trasformate in musica dalla Premiata Forneria Marconi. È l’avvento del rock progressivo in Italia, caratterizzato dal suono del moog, lo strumento simbolo di quel genere. Il mondo delle sette note piange ancora la scomparsa prematura di Jim Morrison, ma si prepara ad ascoltare una delle canzoni più famose di sempre: Imagine di John Lennon. Il giorno in cui termina l’estate del 1971, nasce Roberto Muzzi.

DEBUTTO IN GIALLOROSSO. Un ragazzo tenace e grintoso, che cresce a Marino, a pochi passi da Roma. Per gli abitanti dei Castelli alle porte della Capitale, la passione è una sola, quella per i colori biancocelesti. Muzzi, però, dopo aver tirato i primi calci tra le fila del Morena ed essere passato per la Procalcio Italia, inizia a giocare con le giovanili della Roma. Mostra coraggio e, soprattutto, fiuto del gol. È un attaccante di movimento, che può giocare anche d’appoggio al centravanti o partire largo dalla fascia. La grinta non gli manca, così come la forza fisica: sono le due caratteristiche che lo portano avanti, fino al debutto in Serie A. È l’11 febbraio 1990 e la Roma ospita l’Inter al Flaminio, dato che l’Olimpico è in manutenzione in vista dei Mondiali. Roberto entra al posto di Alessandro Cucciari e gioca l’ultimo spezzone di partita (nella stessa fa il suo esordio Fabio Petruzzi). In quella stagione, però, Gigi Radice non gli dà ulteriore spazio e Muzzi si accontenta vincendo il campionato Primavera. L’anno successivo trionfa al Torneo di Viareggio e segna il suo primo gol in Serie A, l’11 novembre 1990 nel 4-1 contro il Cesena. Sulla panchina giallorossa passano Ottavio Bianchi, Vujadin Boskov e Carlo Mazzone. Nel frattempo arriva il successo agli Europei del 1992 con l’Under 21.

 
BOMBER CON LA VALIGIA. “Er Sor Magara”, però, non riesce a trovare il ruolo adatto all’attaccante: non capisce se è un bicchiere mezzo vuoto o mezzo pieno e lo lascia andare in prestito al Pisa. Quando poi Roberto torna nella Capitale, viene ceduto a titolo definitivo al Cagliari. In Sardegna trova il maestro Oscar Tabarez, che lo forgia e lo trasforma in un giocatore vero e proprio. Con la maglia rossoblù Muzzi si mette in mostra con continuità e viene nuovamente convocato da Cesare Maldini per gli Europei Under 21: arriva un altro trionfo. Dopo cinque anni al Cagliari passa all’Udinese e con i friulani gioca quattro stagioni per poi indossare la maglia dei suoi sogni, quella della Lazio. Con i biancocelesti resta poco, appena due anni (più una sola presenza nella stagione 2005-06), ma risulta una pedina fondamentale nella rincorsa alla salvezza della squadra capitolina: con un gol al Palermo scaccia via gli incubi della retrocessione.

GIOIE GRANATA. La stagione seguente, Muzzi finisce comunque tra i cadetti, per aiutare il Torino a risalire verso la Serie A. Insieme ad Elvis Abbruscato e a Roberto Stellone guida l’attacco granata fino alla qualificazione ai playoff e alla promozione nel massimo campionato, ottenuta segnando nella finale vinta ai supplementari contro il Mantova. L’anno successivo è di nuovo in Serie A e a dare forma alle manovre offensive del Torino c’è Alessandro Rosina: la sua fantasia e il suo estro sono l’arma in più per Alberto Zaccheroni, ma l’allenatore viene esonerato quando la squadra naviga nelle tortuose acque della zona retrocessione. In panchina arriva Gianni De Biasi e i granata risalgono la china, ma quando mancano tre giornate alla fine del campionato è ancora tutto da decidere. Il Torino deve affrontare la Roma all’Olimpico e Muzzi è tra i titolari. Dopo 14’ segna il gol dell’ex ed è il gol più importante della stagione, perché allontana il terrore della Serie B e consente al Torino di conquistare tre punti fondamentali per la salvezza. È il suo ultimo timbro in Serie A, poi finisce al Padova per chiudere la carriera.

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