Golden Boy, la strada diversa del calcio per garantirsi il futuro

A Solomeo svelati i migliori 100 under 21 d’Europa in corsa per il premio di Tuttosport: Yamal guida la classifica. Da Gigi nazionale a Dori Ghezzi, grande festa al teatro Cucinelli
Golden Boy, la strada diversa del calcio per garantirsi il futuro© ANSA

Lamine Yamal è il Sinner degli Under 21 europei. Lo spagnolo del Barcellona è il numero uno del ranking del Golden Boy, stilato da Football Benchmark. Yamal parte in pole position nello sprint che porterà a vincere il trofeo più ambito dai giovani calciatori nella notte di Torino a dicembre. Ma la corsa è lunga e la classifica (la trovate a pagina 9) abbonda di talenti che riempiranno le prime pagine di domani. Il Golden Boy, d’altronde, è questo: uno sguardo al futuro. E guardare oltre l’orizzonte del calcio mondiale è stato l’obiettivo della giornata dei 100 nomi, perché il lancio dei candidati si è abbinato, come di consueto, a una serie di approfondimenti e chiacchierate per capirne di più del pallone e dei suoi dintorni. Ma anche per emozionarsi. Un po’ perché Solomeo, il borgo medievale umbro, quartier generale di Brunello Cucinelli, non può lasciare indifferente neanche il più cinico dei calciomani, un po’ perché se metti sullo stesso palco lo stesso Cucinelli, Gigi Buffon e Dori Ghezzi a parlare di Gigi Riva, diventa difficile non essere trascinati nel piacevole vortice di pensieri in libertà, che inevitabilmente provoca un gigante come Rombo di Tuono.

Golden Boy a casa Cucinelli: i 100 nomi, Buffon, Cherubini e tanto altro

Gli interventi al Golden Boy

E così Buffon spiegava come essere parte di una squadra significhi anche far tacere la propria coscienza per il bene comune. Cucinelli insegnava il valore della sconfitta e Dori Ghezzi raccontava l’amicizia silenziosa e intensa fra Riva e suo marito Fabrizio De André, così apparentemente lontani, ma avvicinati dalla poesia che si nasconde dietro ogni gesto di un fuoriclasse. Il teatro ascoltava e applaudiva: il calcio è anche questo, anzi dovrebbe essere anche questo più spesso, per non perdere il suo senso più intimo. "Nel calcio, come in ogni altra disciplina, si perde molto più di vincere, perché vince uno, perdono in molti. Quindi bisogna imparare a perdere", ha spiegato Giovanni Branchini nell’ultimo dei quattro talk che hanno riempito il pomeriggio di Solomeo. Un concetto che è riecheggiato nelle parole del presidente del Frosinone, Maurizio Stirpe, che dopo la retrocessione ha tenuto un discorso di dignità e saggezza. Cucinelli lo ha ascoltato e, nel pomeriggio del Golden Boy, lo ha premiato con un trofeo all’incontrario, perché nessuno prende un coppa perché è retrocesso, ma è proprio questo il senso della cultura della sconfitta che non nega il tentativo di vincere con tutte le forze possibili, però impone di porsi solo il massimo impegno come obiettivo, senza considerare la vittoria l’unico traguardo gratificante. "Si impara dagli sbagli, quindi bisogna lasciare che i giovani sbaglino, se si vuole aiutarli a crescere e non essere ossessionati dalla perfezione", ha spiegato Bojan Krkic, responsabile del settore giovanile del Barcellona, nel suo spazio, nel quale ha cercato di portare a Solomeo i segreti della Masia, il centro di allenamento blaugrana, dove nascono in continuazione (e vengono cresciuti sapientemente) i talenti del club. E ogni intervento, ogni ragionamento, sembrava il pezzo di un puzzle andato a comporsi parola dopo parola: una visione diversa del calcio e dello sport, che deve ripartire dai giovani, ma soprattutto da un modo diverso di farli crescere. Il futuro va coltivato con amore, non con la fretta o l’ossessione del successo. Il percorso ha dolcemente attraversato i discorsi più tecnici come quello del ds juventino Federico Cherubini, che ha spiegato il progetto della Next Gen; quelli più poetici come quelli di Buffon e Dori Ghezzi; quelli più filosofici come quello di Giovanni Branchini, che prima di una lucida quanto feroce critica al sistema del calcio mondiale, ha tuttavia regalato gustosissimi aneddoti su Romario e Ronaldo.

Ci vorrebbe una Solomeo del calcio mondiale

Il pomeriggio di Solomeo vola via leggero, lasciando numeri e pensieri, idee e progetti e la sensazione che il calcio può prendere una strada diversa e, anzi, forse la deve prendere se vuole garantirsi un futuro. Quello italiano, che vive una crisi da non sottovalutare, ma anche quello internazionale che si abbuffa di tornei, ma non sembra avere un progetto coerente e lineare, solo una tragica bulimia di partite che abbatte drammaticamente la qualità dello spettacolo. Quale sia la soluzione è difficile dirlo, che così il calcio non possa andare avanti è invece facile preconizzarlo. Modesta proposta: forse ci vorrebbe una Solomeo del calcio mondiale, un incontro aperto, lasciando fuori dalla porta i pregiudizi e gli interessi, provando a capire qual è il bene del calcio e dei tifosi, che in definitiva sono quelli per i quali si gioca. Quasi certamente non accadrà, per cui noi ci teniamo la nostra e il nostro Golden Boy, il premio che lascia un profumo gradevole sul futuro e ci lascia la parte divertente del calcio.

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