Il futuro non si aspetta, si costruisce. Il calcio non fa eccezione e negli ultimi cinque anni la Juventus ha varato due progetti che rappresentano altrettanti pilastri per il suo futuro. La seconda squadra, nata come Under 23 e ribattezzata quest’anno Next Gen, e la Juventus Women, la squadra femminile che ha vinto gli ultimi cinque campionati italiani. E oggi inizia a raccogliere i primissimi frutti. Perché in una stagione difficile e resa ancora più complessa dagli infortuni, Allegri può contare su Fabio Miretti, Nicolò Fagioli, Matias Soulé e Iling Junior: cinque giovani campioni che la Juventus è riuscita a costruirsi grazie alla seconda squadra. Dopo decenni in cui il solo Claudio Marchisio è stato protagonista della prima squadra bianconera, emergendo dal settore giovanile, la Juventus si trova cinque giocatori che si stanno rivelando utili e potenzialmente decisivi.
Nel calcio che cambia e che vedrà, almeno nel futuro più prossimo, un predominio economico della Premier League, poter contare su un bacino interno di talento rappresenta un vantaggio competitivo micidiale. Nessuno in questi anni ha colto l’occasione offerta dalla Figc con la creazione delle seconde squadre: «Troppi costi e troppi problemi logistici», viene spesso risposto e, soprattutto, nessun vantaggio immediato. Ma il meccanismo virtuoso che ha innescato la Juventus porta lunedì sul palco del Golden Boy un giocatore come Miretti, fra i 20 migliori under 21 europei e il miglior italiano, insieme con Nicole Arcangeli, migliore under 21 italiana, che aveva 14 anni quando le Women sono nate e ne è stata folgorata come tante altre della sua generazione.
Dopo anni oscuri di pregiudizi il calcio femminile sta prendendosi lo spazio che gli spetta. Anche grazie alle Women in grado di trascinare un movimento. Perché il futuro si costruisce, non si aspetta.