Depay, gol è arte tra rap e tatuaggi: con l’Olanda 46 reti, a -4 da Van Persie

Ama la musica e la moda, sulla schiena si è fatto disegnare una enorme testa di leone. Svincolato dall’Atletico Madrid, è agente di se stesso. Abbandonato dal padre a 4 anni: per questo sulla maglia scrive Memphis

Domani sera all’Olympiastadion di Berlino, nel quarto di finale tra Olanda e Turchia, sarà l’attaccante da guardare a vista. Quello che potrà incidere in maniera decisiva sul risultato, che potrà far pendere la bilancia a favore della propria squadra, se ispirato. Grazie alle sue giocate estemporanee, ai dribbling spiazzanti, ai guizzi improvvisi, alla tecnica sopraffina. Memphis Depay, 30 anni, con la stoccata rifilata all’Austria nella fase a gruppi s’è portato a 46 gol in maglia arancione, secondo assoluto a sole 4 reti dal capocannoniere “all time” Robin Van Persie (attuale allenatore dell’Heerenveen) che guida la classifica dei bomber “oranje” a quota 50. Tutti gli altri stanno dietro. Da Huntelaar a Kluivert, da Bergkamp a Robben, da Wilkes a Van Nistelrooy, da Cruyff a Van Basten: nomi strepitosi, leggende del calcio, eppure superati come numero di gol.

Raggiungere i top

Ma Depay rifiuta categoricamente ogni tipo di confronto: «Io non posso essere paragonato a Van Nistelrooy o a Van Basten né tantomeno a “Sua Maestà” Cruyff oppure a Kluivert. Sono campioni che hanno scritto la storia della Nazionale, parliamo di autentici eroi, miti del calcio. Grazie a loro l’Olanda è riconoscibile sulle cartine geografiche. Io sono un altro tipo di giocatore, mi rendo pericoloso e sono un finalizzatore. Per me è fantastico segnare e aiutare la squadra a vincere. Voglio continuare così: il mio obiettivo è raggiungere i migliori della storia».

Rapper e modaiolo

Figura a tutto tondo, oltre che dotato di spiccata personalità, l’olandese non ha difficoltà ad ammettere di sentirsi un tipo speciale: «Sono un giocatore che ha bisogno di libertà. I creatori sono sempre liberi, soprattutto di testa, e io ritengo di possedere diversi talenti... Nel tempo libero mi piace “fare arte” dando spazio alla musica “rap” e alla moda. Questo non significa che io sia un ribelle, però amo parlar chiaro e come uomo libero amo dire, esternare, esprimere opinioni e replicare a chi mi critica ingiustamente».

Confronti col tecnico

Se non proprio battibecchi ha avuto spesso confronti dialettici intensi con i suoi allenatori. Celebri quelli col “generale” Louis Van Gaal, che lo ha diretto sia nell’Olanda sia nel Manchester United. Nell’autobiografia “Heart of a Lion”, Depay ha criticato duramente l’ex tecnico dei Red Devils, ma Van Gaal non gli ha risposto pubblicamente e, anzi, lo ha blandito: «Memphis è un campione che fa la differenza, abbiamo bisogno della sua classe».

Leone sulla schiena

Padre ghanese (Dennis, uomo manesco e violento che quando Memphis aveva 4 anni abbandonò la famiglia lasciandolo solo con la mamma olandese Cora), il “Tulipano Nero” ha il corpo “tappezzato” di tatuaggi: 15 in totale. «Fanno parte di me, della mia vita e della mia immagine - puntualizza -. Alcuni rappresentano parole motivatrici, altri raffigurano persone che ho perso e altri ancora si riferiscono a momenti belli, come il mio debutto al Mondiale in Brasile». Il più grande e impressionante è quello che gli ricopre completamente la schiena, una vera opera d’arte riproducente la testa di un leone. Come il simbolo della Federcalcio olandese, ma ovviamente non stilizzato.

Cacciatore di sogni

Sulla maglia della Nazionale e in quelle di club, “Cuor di Leone” esige che venga inciso solo il proprio nome di battesimo, per allontanare qualsiasi richiamo al padre ricusato. E precisa: «Memphis è un bel nome, quello di due città: una negli Stati Uniti, nel Tennessee, e l’altra nell’antico Egitto. Entrambe bagnate da due grandi fiumi, il Mississippi e il Nilo. Della Memphis antica capitale egizia c’è persino un passo nella Bibbia... . Alcuni dei miei antenati per parte paterna erano schiavi africani deportati nel Mississippi, nel sud confinante degli Stati Uniti. Un nome che esprime forza». Prima di passare nell’accademia dello Sparta Rotterdam e poi 12enne alle giovanili del Psv, nella scuola calcio del Moordrecht lo avevano soprannominato “Dromenjager”, cioè “Cacciatore di sogni”. O anche “De kleine Kluivert”, “Il piccolo Kluivert”.

Tra Premier League e Serie A

Svincolatosi la settimana scorsa dall’Atlético Madrid di Simeone, è diventato uomo mercato. Costa solo il prezzo dell’ingaggio. L’ultimo percepito in Spagna era di circa 4,4 milioni di euro netti all’anno. Nessuna commissione all’agente. Perché Memphis è procuratore di se stesso tramite l’agenzia “Team Depay” che s’appoggia alla “Cresta Firm” (sede a Bruxelles) ed è imbottita di avvocati specialisti in diritto calcistico internazionale. Attualmente i club interessati alle sue prestazioni sono il West Ham in Premier League (piace al nuovo allenatore Julen Lopetegui) e il tandem Roma-Fiorentina (Milan alla finestra) in Serie A. Ma da qui ai primi di settembre ce ne corre di tempo...

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