Kroos, un trofeo per congedarsi da grandissimo: Dortmund-Real per la storia!

Il campione tedesco smetterà di giocare dopo l’Europeo di casa con la Germania. Dovesse vincere contro il Borussia, potrebbe dire di aver messo in bacheca 6 Champions delle ultime 12 in palio
Kroos, un trofeo per congedarsi da grandissimo: Dortmund-Real per la storia!© EPA

Con una decisione che ha spiazzato l’intero mondo del calcio, comunicata non più di dieci giorni fa, Toni Kroos ha annunciato che l’Europeo che tra poco giocherà con la Germania sarà il suo ultimo atto da calciatore professionista, prima di un ritiro che arriverà all’età di 34 anni. Probabilmente a livello fisico avrebbe avuto ancora qualche stagione davanti ad altissimi livelli - a livello tecnico non parliamone nemmeno - ma quando si parla di “lasciare quando si è ancora ai vertici” non lo si fa forse solo per rispettare un principio solamente per il gusto di farlo. Soltanto un paio di mesi fa Julian Nagelsmann lo aveva convinto a tornare in Nazionale dopo tre anni: aveva lasciato dopo Euro 2020 prendendo una decisione che sembrava irrevocabile. Almeno fino a quando la sua prospettiva è cambiata.

Kroos e l'ultima Champions League

Prima di pensare a Euro 2024, però, c’è un’ultima partita con il Real Madrid, la numero 465 in un decennio. Sarà ovviamente nell’undici titolare, come lo è stato in ogni partita di questa fase a eliminazione diretta. Si gioca la sesta Champions League della sua carriera, la quinta coi Merengues dopo quella conquistata con il Bayern Monaco nel 2013, proprio contro il Borussia Dortmund. Dovesse vincerla, potrebbe dire di averne messe in bacheca 6 delle ultime 12 in palio. Roba di altri mondi, ma d’altronde Kroos di umano ha abbastanza poco. Il suo sguardo di ghiaccio, quel senso di imperturbabilità, quella perfezione stilistica che hanno i fuoriclasse a prescindere da ciò che succede intorno a loro. D’altronde il ragazzo di Rostock ha sempre avuto il totale controllo di quello che succedeva intorno a lui in campo: ci ha costruito una carriera che definire ‘vincente’ sembra quasi riduttivo per quanto è stata leggendaria.

Kroos, l'addio al Real Madrid

La dimensione l’ha forse data il Bernabéu quando sabato scorso ha salutato “Antonio” con una coreografia dedicata al suo numero 8, lo stesso che tutti i compagni hanno portato sulla schiena all’ingresso in campo. Quando Ancelotti lo ha richiamato in panchina, minuto 86, è rimasto come sempre di ghiaccio, sciogliendosi solo di fronte ai suoi figli che lo aspettavano a bordocampo in lacrime, insieme alla moglie. Si è lasciato andare all’umanità, come non aveva fatto nemmeno quando parlando con Ancelotti gli ha rivelato la sua intenzione: «Tutti vogliono ritirarsi ai massimi livelli, ma poi bisogna avere il coraggio di farlo. Toni è un uomo con le palle e la sua decisione va rispettata. Da buon tedesco è molto difficile fargli cambiare idea».

Come il suo amico e compagno Reus, di un anno più vecchio (1989 contro 1990), chiuderà un capitolo della sua vita a Wembley, dove undici anni fa esatti ha conquistato la sua prima Champions, prima di diventare un trionfatore seriale una volta sbarcato alla Casa Blanca. Quella sera, al contrario di Marco, era dalla parte dei vincitori. Spera di esserlo ancora: manca solo la ciliegina sulla torta prima di dare l’assalto all’Europeo con la maglia della Germania. Il canto del cigno di una leggenda.

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