Brugge, dove la Juve lasciò un pezzo di fegato: la storia della mega delusione

12 aprile 1978: la squadra del Trap supera l’Ajax, ma si ferma in Belgio alle porte della finale di Coppa dei Campioni

Al 50 del Koning Leopold III-laan si trova il Jan Breydel, stadio da quasi 30mila posti che all’inizio si chiamava Olympia Park, impianto del Club Brugge, o Bruges nella dizione abbreviata, e del Cercle, seconda squadra della città fiamminga. Uno stadio dove la Juventus, nel 1978, ha lasciato un pezzo di fegato e di storia bianconera, arricchendo quella leggendaria e malinconica legata alla coppa dalle grandi orecchie, costellata di infiniti rimpianti. Quella era la Juventus di Trapattoni, di Zoff e Gentile, di Furino e Scirea, di Tardelli e Benetti, di Causio e Bettega. La Juve tutta italiana che l’anno prima aveva vinto lo scudetto dei 51 punti contro il Torino e la sua prima coppa europea: l’Uefa nella doppia finale contro l’Athletic Bilbao di Koldo Aguirre. Una squadra fortissima che in quella seconda metà degli anni Settanta, con il Trap in panchina, conquista quattro trofei, raggiungendo la semifinale in Coppa dei Campioni e in Coppa delle Coppe.

 

 

Il cammino nella Coppa dei Campioni 1977/78

Nella stagione 1977-78, in campionato, prende la testa della classifica alla tredicesima giornata per non lasciarla più, perdendo una sola partita, arrivando cinque punti davanti al L.R. Vicenza del capocannoniere Paolo Rossi e bissando il successo dell’anno precedente. In Coppa Italia è eliminata al secondo turno dal Napoli di Savoldi e dal Milan di Bigon, mentre in Coppa dei Campioni macina i ciprioti dell’Omonia Nicosia, i nordirlandesi del Glentoran e l’Ajax di Ivic, che non aveva più Cruijff, ma poteva contare su giocatori del calibro di Ruud Krol e Søren Lerby. All’andata, in Olanda, Causio risponde a van Dord nei minuti finali. Il ritorno si gioca a Torino il 15 marzo, Tardelli fa sognare i bianconeri, ma La Ling li porta prima ai supplementari e infine ai rigori. L’Ajax li sbaglia tutti e tre, così come Gentile per la Juve, ma Benetti, Cabrini e Causio la portano in semifinale.

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L'andata al Comunale di Torino

Sono anni difficili per l’Italia e non c’è il tempo per festeggiare perché il giorno dopo, 16 marzo, a Roma, in via Fani, il presidente della Democrazia Cristiana, Aldo Moro, è rapito e la scorta massacrata dalle Brigate Rosse. Il corpo di Moro sarà ritrovato il 9 maggio in via Caetani dentro il bagagliaio di una Renault 4 rossa, dopo quasi due mesi che hanno segnato profondamente la storia e la politica italiana. In semifinale la Juventus pesca il Club Brugge, che a sua volta ha eliminato i finlandesi del KuPS, il Panathinaikos e l’Atletico Madrid, allenato dall’austriaco Ernst Happel, già vincitore della Coppa dei Campioni e dell’Intercontinentale con il Feyenoord. Nell’altra, il Borussia M’Gladbach affronterà il Liverpool di Bob Paisley. L’andata si gioca il 29 marzo al Comunale di Torino. È un assalto alla porta di Birger Jensen, portiere danese della squadra belga, e quando non è lui a parare sono i bianconeri a sbagliare la misura. Ma, a quattro minuti dalla fine, Scirea da dentro l’area pennella per Causio che rimette al centro e Bettega, in spaccata, segna l’1-0.

Il ritorno all’Olympia Park

Il 12 aprile, all’Olympia Park, il ritorno è arbitrato dallo svedese Ulf Eriksson, che diventerà protagonista della partita. Arbitrerà Perù-Scozia e Argentina-Polonia al Mondiale di qualche mese dopo. Partita che prende subito una brutta piega, perché al 3’ il terzino Bastijns, sorprendendo Fanna – il migliore in campo – e Scirea, segna la rete del vantaggio. La Juventus domina il gioco, tiene palla, ma sbaglia troppo, sia con Bettega che, soprattutto, con Benetti solo davanti a Jensen. Nei supplementari, però, sale in cattedra Eriksson, che al 111’ espelle Gentile per doppia ammonizione, contestandogli un fallo di mano volontario, al 116’ René Vandereycken segna il 2-0 su contropiede con i bianconeri in 10 e, all’ultimo minuto, l’arbitro svedese sorvola su una netto fallo in area su Cabrini: «A Bruges subimmo un furto vero e proprio, senza quel torto gigantesco avremmo probabilmente alzato anche la coppa più ambita», ha ricordato Boninsegna, il quale si avventò sull’arbitro per dirgli in presa diretta quello che pensava.

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Juve, vincere per riprendersi un pezzo di storia

Quel Bruges perderà poi la finale contro il Liverpool a Wembley, grazie alla rete di Dalglish, così come aveva perso, sempre contro gli inglesi, la finale di Coppa Uefa del 1976. Con Happel in panchina, in quegli anni, vinse tre titoli belgi consecutivi e una Coupe de Belgique. Quella Juventus andrà, invece, a fornire nove giocatori alla Nazionale di Bearzot che arriverà quarta al Mondiale argentino. Ci sono squadre, stadi e atmosfere che restano impresse nella memoria di calciatori e tifosi. Ci sono date che restano legate a vittorie epiche o sconfitte indigeribili. Alla Juventus di Thiago Motta, al di là di improbabili parallelismi, l’arduo compito di vincere e riprendersi un pezzo di storia, relegando il Club Brugge, se va bene, agli spareggi di Champions League.

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Al 50 del Koning Leopold III-laan si trova il Jan Breydel, stadio da quasi 30mila posti che all’inizio si chiamava Olympia Park, impianto del Club Brugge, o Bruges nella dizione abbreviata, e del Cercle, seconda squadra della città fiamminga. Uno stadio dove la Juventus, nel 1978, ha lasciato un pezzo di fegato e di storia bianconera, arricchendo quella leggendaria e malinconica legata alla coppa dalle grandi orecchie, costellata di infiniti rimpianti. Quella era la Juventus di Trapattoni, di Zoff e Gentile, di Furino e Scirea, di Tardelli e Benetti, di Causio e Bettega. La Juve tutta italiana che l’anno prima aveva vinto lo scudetto dei 51 punti contro il Torino e la sua prima coppa europea: l’Uefa nella doppia finale contro l’Athletic Bilbao di Koldo Aguirre. Una squadra fortissima che in quella seconda metà degli anni Settanta, con il Trap in panchina, conquista quattro trofei, raggiungendo la semifinale in Coppa dei Campioni e in Coppa delle Coppe.

 

 

Il cammino nella Coppa dei Campioni 1977/78

Nella stagione 1977-78, in campionato, prende la testa della classifica alla tredicesima giornata per non lasciarla più, perdendo una sola partita, arrivando cinque punti davanti al L.R. Vicenza del capocannoniere Paolo Rossi e bissando il successo dell’anno precedente. In Coppa Italia è eliminata al secondo turno dal Napoli di Savoldi e dal Milan di Bigon, mentre in Coppa dei Campioni macina i ciprioti dell’Omonia Nicosia, i nordirlandesi del Glentoran e l’Ajax di Ivic, che non aveva più Cruijff, ma poteva contare su giocatori del calibro di Ruud Krol e Søren Lerby. All’andata, in Olanda, Causio risponde a van Dord nei minuti finali. Il ritorno si gioca a Torino il 15 marzo, Tardelli fa sognare i bianconeri, ma La Ling li porta prima ai supplementari e infine ai rigori. L’Ajax li sbaglia tutti e tre, così come Gentile per la Juve, ma Benetti, Cabrini e Causio la portano in semifinale.

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