A quattordici minuti dalla fine, sul 4-1, Gian Piero Gasperini richiama Caldara e inserisce Zapata. Toglie un difensore e mette una punta. Fra i quattordici atalantini andati a segno dall’inizio della stagione, non c’era Hans Hateboer. Adesso c’è e, addirittura, per non farsi mancare nulla, il ventiseienne olandese di gol ne ha segnati due, mentre dieci sono stati i giocatori che hanno scritto il loro nome nei tabellini della Champions League: un altro record. Queste annotazioni in calce allo storico poker della Dea suonano paradigma della grandezza del nuovo capolavoro gasperiniano. E’, questa, un’impresa sensazionale per la matricola assoluta della Champions League che impartisce una severa lezione al Valencia, grande squadra di assoluto livello europeo, capace di sopperire con l’orgoglio e con l’organizzazione tattica alle assenze di almeno tre capisaldi del suo gioco. Sul 4-0, un eccesso di euforia dell’Atalanta ha favorito la rete spagnola. Tuttavia, se è vero che al Mestalla i nerazzurri non faranno una passeggiata di salute, è altrettanto vero che la squadra bergamasca debba godersi questo nuovo exploit tale da accrescerne ulteriormente la caratura internazionale accreditandola come la vera, grande rivelazione del più importante torneo del mondo a livello di club. Gasperini ha azzeccato la mossa Pasalic inizialmente al posto di Zapata, non concedendo punti di riferimento all’abborracciata coppia difensiva centrale valenciana. La doppietta di Hateboer, gli eurogol di Ilicic, alla prima marcatura in Champions League e Freuler hanno esaltato la vena dei solisti. Accanto a loro, c’è l’inconfondibile sagoma di Gollini che, al momento giusto, ha impedito agli spagnoli di sfruttare il momento a loro favorevole. Questa strepitosa vittoria italiana negli ottavi di Champions costituisce un assoluto motivo di orgoglio per il nostro calcio. In calce al trionfo, Ilicic ha affermato convinto: possiamo fare ancora meglio. Gli crediamo.