Douglas Luiz per dribblare la storia Juve dei flop brasiliani a centrocampo

Da Diego ad Arthur passando per Felipe Melo: così l’ex Aston Villa (che si sta ricaricando in vacanza dopo la Coppa America) può invertire la tendenza e cancellare la storia recente. Altra storia coi difensori verdeoro...

In Brasile c’è un detto che trova terreno fertile nelle famiglie delle favelas di Rio de Janeiro, quanto in quelle che risiedono nelle più abbienti ville del Paese: “Diz-me com quem andas e eu te direi quem és. Tradotto: “Dimmi con chi andrai e ti dirò chi sei”. Un proverbio che nel caso di Douglas Luiz, il primo acquisto della nuova Juventus di Thiago Motta, si presta a due distinte interpretazioni. Da una parte, quella prettamente tecnica, con l’ex Aston Villa chiamato a prendere le redini di un centrocampo che da troppi anni pare orfano di un giocatore dalle sue caratteristiche. Una mezzala di visione e qualità, abile nel traffico, in fase di interdizione e dagli ottimi tempi di inserimento. Dall’altra, quella che ha a che fare con la deludente eredità dei suoi connazionali e pari ruolo juventini degli ultimi 15 anni.

Da Arhur a Diego e Felipe Melo

Da Arthur a Diego, passando per Felipe Melo: storie di cartellini strapagati, prestazioni altalenanti e promesse mai mantenute… Siamo nell’estate del 2009, dopo tre anni di penuria post Calciopoli in cui a dominare è l’Inter di Mourinho, la Juve chiude una serie di colpi di mercato che rianimano la piazza. Il primo di questi - nonché il più oneroso - è proprio Diego Ribas da Cunha, che arriva dal Werder Brema per 27 milioni di euro. In Bundesliga è cresciuto, ha affinato il suo talento mettendo fine a quell’affascinante discontinuità carioca che da sempre accompagna i più tecnici prospetti del calcio brasiliano. Dopo 38 gol in 84 presenze con i tedeschi, è il momento di fare il salto di qualità definitivo. A Torino Alessandro Del Piero, l’indiscusso idolo di casa, è ormai sul viale del tramonto. I tifosi lo sanno, ed è per questo che, per addolcire un addio inevitabile e sempre più vicino, sono alla ricerca di una figura che possa quantomeno provare a raccogliere l’eredità di Alex. Diego arriva nel momento giusto, ma la 10 non si tocca, almeno non adesso. “Aspetterò”, giurerà il brasiliano, convinto - come tutti - di essere solo agli albori di una lunga storia d’amore. Dopo l’assist a Iaquinta nell’esordio in campionato contro il Chievo, arriva la serata dell’Olimpico. Contro la Roma i bianconeri vinceranno 3-1 con una doppietta clamorosa di Diego, e con un gol coast to coast dell’altro brasiliano arrivato in estate dalla Fiorentina: Felipe Melo. Tra gli spalti i tifosi juventini non riescono a trattenere la gioia. La squadra è forte, e con quei due non sembra esserci più alcun dubbio: ora tornare a vincere è possibile. Da quel momento la stagione della Juventus si avvita su sé stessa: tante goleade (5-1 con la Samp e 5-2 contro l’Atalanta) ma altrettante delusioni con squadre di bassa classifica.

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Brasiliani flop alla Juve

Diego, poco a poco, si perde in un centrocampo macchinoso, prevedibile e discontinuo, con Felipe Melo che verrà ricordato più per i suoi cartellini rossi che per le chiusure con cui si era fatto un nome a Firenze. La Juve termina la stagione al settimo posto. Sul patibolo finiscono tutti, a cominciare dai brasiliani, ed è naturale che sia così. In due sono costati più di 50 milioni. Le aspettative erano ben altre. Diego, fra mille rimpianti, lascerà la Juventus a fine stagione, Felipe Melo 12 mesi più tardi… Negli anni successivi arrivano prima Conte e poi Allegri, e la Juve torna al successo aprendo un ciclo straordinario di vittorie. Nell’estate del 2020 la società prova a svecchiare il centrocampo scambiando Pjanic con una delle più tecniche promesse del calcio brasiliano: Arthur Melo. Un’operazione da 72 milioni di euro. In due anni, da play illuminante di quantità e qualità, Arthur andrà in contro a un vero e proprio naufragio tecnico, trasformandosi in un giocatore confuso, discontinuo, a tratti quasi depresso. La Juve lo gira in prestito al Liverpool, sperando di rivitalizzarlo, ma in Inghilterra non sarà che una comparsa. Poi l’esperienza tra alti e bassi alla Fiorentina, e infine il ritorno alla Juventus con tanto di bocciatura da parte di Thiago Motta. Un flop dietro l’altro, insomma, incompatibile però con la retorica del “i brasiliani alla Juve non possono funzionare”.

Douglas Luiz e i veri esempi

Basti pensare al calcio espresso in bianconero dai vari Dani Alves, Alex Sandro, Danilo e Bremer. Difensori, sì, ma pedine preziose, giocatori veri. Tornando al proverbio di prima, Douglas Luiz non dovrà fare altro che seguire queste figure. Emulare il loro spirito di sacrificio, la loro indissolubile cultura del lavoro. Il rigore in no-look sbagliato in Coppa America contro l’Uruguay lascia intendere che il ragazzo, almeno sul piano mentale, abbia ancora ampi margini di miglioramento. Da ex centrocampista, starà allora a Thiago Motta toccare le corde giuste. Strigliarlo quando sarà necessario, e proteggerlo nel momento in cui arriveranno le prime critiche. Solo così potrà invertire la tendenza e cancellare la storia recente, prendendo le chiavi di un centrocampo che non può fare a meno della sua classe.

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In Brasile c’è un detto che trova terreno fertile nelle famiglie delle favelas di Rio de Janeiro, quanto in quelle che risiedono nelle più abbienti ville del Paese: “Diz-me com quem andas e eu te direi quem és. Tradotto: “Dimmi con chi andrai e ti dirò chi sei”. Un proverbio che nel caso di Douglas Luiz, il primo acquisto della nuova Juventus di Thiago Motta, si presta a due distinte interpretazioni. Da una parte, quella prettamente tecnica, con l’ex Aston Villa chiamato a prendere le redini di un centrocampo che da troppi anni pare orfano di un giocatore dalle sue caratteristiche. Una mezzala di visione e qualità, abile nel traffico, in fase di interdizione e dagli ottimi tempi di inserimento. Dall’altra, quella che ha a che fare con la deludente eredità dei suoi connazionali e pari ruolo juventini degli ultimi 15 anni.

Da Arhur a Diego e Felipe Melo

Da Arthur a Diego, passando per Felipe Melo: storie di cartellini strapagati, prestazioni altalenanti e promesse mai mantenute… Siamo nell’estate del 2009, dopo tre anni di penuria post Calciopoli in cui a dominare è l’Inter di Mourinho, la Juve chiude una serie di colpi di mercato che rianimano la piazza. Il primo di questi - nonché il più oneroso - è proprio Diego Ribas da Cunha, che arriva dal Werder Brema per 27 milioni di euro. In Bundesliga è cresciuto, ha affinato il suo talento mettendo fine a quell’affascinante discontinuità carioca che da sempre accompagna i più tecnici prospetti del calcio brasiliano. Dopo 38 gol in 84 presenze con i tedeschi, è il momento di fare il salto di qualità definitivo. A Torino Alessandro Del Piero, l’indiscusso idolo di casa, è ormai sul viale del tramonto. I tifosi lo sanno, ed è per questo che, per addolcire un addio inevitabile e sempre più vicino, sono alla ricerca di una figura che possa quantomeno provare a raccogliere l’eredità di Alex. Diego arriva nel momento giusto, ma la 10 non si tocca, almeno non adesso. “Aspetterò”, giurerà il brasiliano, convinto - come tutti - di essere solo agli albori di una lunga storia d’amore. Dopo l’assist a Iaquinta nell’esordio in campionato contro il Chievo, arriva la serata dell’Olimpico. Contro la Roma i bianconeri vinceranno 3-1 con una doppietta clamorosa di Diego, e con un gol coast to coast dell’altro brasiliano arrivato in estate dalla Fiorentina: Felipe Melo. Tra gli spalti i tifosi juventini non riescono a trattenere la gioia. La squadra è forte, e con quei due non sembra esserci più alcun dubbio: ora tornare a vincere è possibile. Da quel momento la stagione della Juventus si avvita su sé stessa: tante goleade (5-1 con la Samp e 5-2 contro l’Atalanta) ma altrettante delusioni con squadre di bassa classifica.

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Brasiliani flop alla Juve