La ferita sanguina sempre. E i nove gol e sette assist confezionati soltanto in campionato da Paulo Dybala sono alcool sulla pelle viva. Beppe Marotta, per primo, quando l’argentino era stato liquidato dalla Juventus, si era fiondato sull’argentino. Tra i due c’è sempre stato un feeling particolare, eredità della trattativa che portò la Joya da Palermo a Torino: Marotta è il dirigente che ha permesso a Paulo di fare il grande salto e lui non l’ha mai dimenticato. Il fatto di vederlo di nerazzurro vestito, dopo l’addio da Torino, sembrava quasi automatico. Invece le richieste dell’entourage, l’opportunità di riprendere Lukaku e le diffi coltà nel cedere Correa (tra l’altro pupillo di Simone Inzaghi), hanno creato il cortocircuito che ha portato Dybala a scegliere Roma.
Tra l’altro, le caldane estive avevano favorito anche la teoria in base a cui le fragilità dell’argentino sarebbero state un problema da gestire, invece sotto le cure dello staff di José Mourinho, Dybala è tornato a fare il Dybala. Non è dato a sapersi se con lui nel mazzo, l’Inter avrebbe lottato per lo scudetto, però certamente Zhang avrebbe avuto, oltre a Lautaro Martinez e a Correa, almeno un altro attaccante legato contrattualmente all’Inter (Dzeko è in scadenza, Lukaku in leasing): solo per questo motivo è stato un peccato mortale lasciarsi sfilare una simile occasione. Quanto sta accadendo intorno a Mourinho a Roma potrebbe però riaprire una porta che sembrava chiusa a doppia mandata. E c’è da scommettere che stavolta Marotta non si farà scappare l’occasione di suturare quella ferita aperta un’estate fa.