ROMA - I numeri non mentono mai. Soprattutto quando riguardano conti economici. Per questo motivo, con un bilancio che a giugno andrà in sofferenza (si preannuncia un passivo a tre cifre) e un debito che a marzo ha toccato quota 278,5 milioni, i “desiderata” di Paulo Fonseca rischiano di rimanere tali. In primis il riscatto di Chris Smalling. Il difensore inglese ha avuto un impatto incredibile nel nostro campionato, diventando il perno della squadra giallorossa. A Roma è arrivato in prestito secco e ora, dopo una stagione ad alto livello, il Manchester United lo rivuole indietro. L'intento non è tenerlo, ma monetizzarne la cessione. E qui iniziano i problemi. Smalling tra cartellino (20 milioni) e contratto triennale (3 milioni netti che lordi sono 5,5) rischierebbe infatti di “pesare” quasi 40 milioni (37) sulle casse giallorosse. Costo insostenibile, ad oggi, per un difensore che ha compiuto già 30 anni.
Una rivoluzione in difesa che non toccherà soltanto Smalling. Tra l’inglese, Juan Jesus, Fazio, Cetin, Mancini (che a breve diventerà papà) e Ibanez, soltanto gli ultimi due potrebbero/dovrebbero restare. I motivi sono diversi: se Smalling, come spiegato in precedenza, costa troppo, per gli altri - che non rientrano nei piani tecnici di Fonseca - si cercherà una sistemazione, sfruttando l’anno in più di ammortamento (Juan Jesus figura a 2 milioni, Cetin a 3,7, Fazio ha ormai azzerato il suo costo). Difficile tuttavia che la Roma possa ricavare grandi somme dalle loro cessioni. Diverso il discorso per Patrik Schick. La trattativa con il RB Lipsia è entrata nel vivo. A Trigoria, pur di cedere il ceco, sono disposti a concedere uno sconto del 15% sul prezzo pattuito un anno fa (28 milioni oppure 29 con i tedeschi in Champions). I giallorossi ora chiedono 24 milioni, ma pagabili in un’unica tranche.