TORINO - Lo scrivevamo nei giorni scorsi: “salvo variazioni di programma”, “salvo depistaggi”. E proprio il rischio delle prime e l’utilizzo dei secondi hanno scandito la giornata di ieri: quella per lo più dedicata all’attesa per l’incontro tra il presidente Andrea Agnelli ed il tecnico Massimiliano Allegri. Una giornata atipica, caricata assai di significati e di importanza in ottica futura, e della quale in teoria si sarebbe potuto (se non addirittura dovuto) fare a meno. Nel senso che ad una manciata di giorni dalla festa scudetto - consegna del trofeo domenica all’Allianz Stadium, dopo la sfida contro l’Atalanta - questo rendez vous non può certo rappresentare il migliore degli esaltatori d’entusiasmo per la piazza.
In parecchi hanno riflettuto sul fatto che se davvero Agnelli era intenzionato a confermare la fiducia ad Allegri avrebbe fatto meglio a sbrigare le pratiche con maggiore anticipo proprio con l’intento di dimostrare chiaro e tondo che la scelta fosse convinta. Al contrario, tirando la cosa per le lunghe, non s’è fatto altro che alimentare dietrologie e provocare scintille (pure il vicepresidente Pavel Nedved ci ha messo del suo, come noto: «Chi vivrà vedrà»). Non stupisce che Allegri fosse sempre più impaziente di giungere al dunque.