TORINO – La corsa al Fifa Best Player, premio tornato a brillare di luce propria e in concorrenza con il Pallone d'Oro di France Football, si arricchisce di ancora maggiori dubbi dopo la conclusione dei tornei internazionali che hanno ravvivato questa estate del 2019. Un riconoscimento che ci interessa da vicino perché la serata di gala è in calendario lunedì 23 settembre proprio in Italia, al Teatro alla Scala di Milano. Mettendo da parte i totem Leo Messi e Cristiano Ronaldo, che per la prima volta sono riusciti a centrare in contemporanea i rispettivi titoli nazionali arricchendo ulteriormente il loro già robusto palmarés, i risultati delle competizioni di club hanno proposto i nomi di giocatori, vedi per esempio Mo Salah, che hanno puntualmente deluso con le proprie nazionali, in questo caso l'Egitto eliminato agli ottavi di Coppa d'Africa. Scorrere i nomi dei candidati non può andare oltre ai “soliti noti”, cioè Messi e Cristiano Ronaldo, ai quali aggiungere in automatico il portiere Alisson che ha brindato ad un magico 2019 perché oltre alla Champions League con il Liverpool ha saputo conquistare anche la Copa America con il Brasile. Il ruolo, ed è una storia che conosciamo bene visto che in passato ha coinvolto Dino Zoff e Gigi Buffon, non aiuta, ma appare impossibile da parte dei votanti - giornalisti, ct e capitani delle nazionali affiliate -, fare finta di nulla. Diventa intrigante, almeno sulla carta, l'analisi delle pretendenti al trofeo femminile: il Mondiale ha premiato gli Stati Uniti di Megan Rapinoe, mvp del torneo e goleador con 6 gol. E' lei il nome forte, l'unica in grado di accomunare i giudizi di tutti. Eppure c'è un “ma" che sconfina sul fronte politico, aspetto sul quale la Fifa ha sempre mostrato di soffrire di una forte allergia. La Rapinoe è diventata una delle più accorate voci della campagna anti-Trump, soprattutto a difesa dei valori della comunità Lgbt. E' lei la paladina del movimento e il suo rifiuto ad un'eventuale passerella alla Casa Bianca è diventato un must per chi contesta il presidente Usa. Riuscirà la Fifa a scindere i due fronti, sportivo e politico, senza trasformare la serata al Teatro alla Scala in uno scomodo e indesiderato comizio?