TORINO – Arjen Robben nei giorni scorsi ha annunciato il ritiro dal calcio. A 35 anni ha sperato fino all'ultimo di poter riallacciare il filo di una carriera e per questo aveva annunciato con largo anticipo sulla conclusione della stagione, il suo addio al Bayern Monaco. Una passerella di qualche mese in quella Bundesliga vinta ben 8 volte con la maglia del club bavarese, a conferma del suo feeling con i trofei visto che dal 2000, stagione del debutto con il Groningen, a oggi ne ha accarezzati ben 31 con il vanto di aver accumulato titoli in Olanda, Inghilterra, Spagna e, appunto, Germania. Si ritira il Garrincha di questo secolo, l'attaccante mancino del quale tutti, dai difensori agli allenatori, conoscevano le movenze, le finte senza essere mai riusciti però a trovare adeguate contromisure: Robben partiva da destra, in verticale, verso la porta avversaria puntando senza esitazione il primo avversario sul suo cammino per accentrarsi e, scartando ogni ostacolo, armare il suo sinistro che andava a morire come una sentenza nell'angolino del palo più lontano. Quando riceveva il pallone, tutti sapevano all'interno dello stadio o davanti a un video, quello che sarebbe accaduto nei secondi successivi e come il brasiliano che incantò il Brasile e il mondo, nessuno poteva arrestarne la corsa verso il gol. Robben è stato cinque volte candidato al Pallone d'Oro, ai Mondiali ha raccolto un argento e un bronzo con l'Olanda e soltanto i numerosi e cronici infortuni muscolari sono riusciti a frenarne l'ascesa. Tokyo, Psv Eindhoven, Inter e Lazio lo hanno contattato in questa calda estate, lui ci ha pensato e poi ha deciso che era arrivata l'ora di rallentare la sua corsa.