Un Roberto De Zerbi a cuore aperto, un’intervista di quelle che ormai si vedono raramente, nella quale emerge prima di tutto l’uomo e poi il professionista. L’allenatore del Marsiglia si è confidato alla trasmissione “Dodicesimo in campo”, condotta da Milva Cerveni, in onda tutti i mercoledì sera su Seilatv. Una trasmissione dove si parla di calcio, ma prima ancora di tifo, di curve. Un ambiente nel quale De Zerbi è cresciuto fin da bambino, portato dal padre che era ai vertici dei Brescia Club negli anni '80-'90. Un padre al quale è molto legato: "Ho 4-5 valori dai quali non transigo - ha detto il ragazzo di Mompiano, il quartiere dello stadio Rigamonti - vivo di passioni, cerco di essere ogni giorno un uomo che va avanti per la propria strada restando legato a quello che era da bambino". Il valore principale al quale si ispira è "la lealtà. Cerco di essere giusto con tutti e soprattutto di non fare mai il forte con i deboli. Sono stato anche io in una situazione di svantaggio e mi ricordo come certe persone, forti in quel momento, si comportavano con me. Si può anche litigare, arrabbiarsi, ma l’importante è dire le cose al tuo interlocutore in modo corretto e diretto".
De Zerbi si racconta
Adesso è un allenatore e anche di successo, "ma prima di tutto sono stato un tifoso e poi un giocatore. Se non fossi stato tutto quello, adesso non sarei quello che sono. Forse sto diventando vecchio, ma il calcio di una volta era più bello. C’erano i giocatori bandiera, c’erano rivalità in campo e sugli spalti, ma tutto poi finiva lì. Adesso è diventato un tutti contro tutti con questo uso selvaggio dei social dove la gente critica, giudica senza nemmeno conoscere le persone. E lo fa con cattiveria, con prevenzione. Anche l’evoluzione del calcio rappresenta quello che è il cambiamento della società". Si considera una persona "senza peli sulla lingua, anche se non sempre posso dire quello che vorrei. Vado comunque dritto per la mia strada seguendo le cose davvero importanti della vita". Nel calcio ha trovato "bravissime persone, che sono diventati amici per la vita, ma sono stato anche tradito da collaboratori o dirigenti, gente interna a una società, che mi ha usato per un tornaconto personale. Queste sono persone che è meglio aver perso lungo il percorso".