Messi, lacrime e trionfo con l’Argentina: ora l’ultimo Mondiale

Il capitano piegato da una distorsione alla caviglia e dagli acciacchi come Diego nel ‘90
Messi, lacrime e trionfo con l’Argentina: ora l’ultimo Mondiale© EPA

Sofferta. E quindi ancora più bella. La Copa America numero 16 vinta dall’Argentina, che conferma così il suo status di miglior nazionale del pianeta in questo momento, è la sublimazione di uno stato di grazia nel quale versa tutta l’Albiceleste. Una squadra portata in trionfo dall’interista Lautaro Martinez, il cui gol al 112’, ossia 16 minuti dopo il suo ingresso in campo, è risultato decisivo per scardinare la difesa di una Colombia più che arcigna. Il capitano nerazzurro è uno dei simboli di un’Argentina pronta al cambio generazionale visto il sicuro addio di Angel Di Maria e le incertezze sul futuro immediato di Lionel Messi. Quest’ultimo era stato costretto a lasciare il campo al 66’ per lasciare spazio al fiorentino Nicolas Gonzalez. Il tutto per via di un infortunio avvenuto prima dell’intervallo, quando una forte slogatura alla caviglia destra lo ha iniziato a far zoppicare. Alcune veloci terapie all’intervallo e una serie di intenzioni coraggiose gli hanno permesso di resistere circa venti minuti, per poi desistere. Messi ha provato a imitare il suo punto di riferimento storico Diego Armando Maradona, ma visti anche i suoi precedenti acciacchi non è riuscito a tenere duro fino alla fine. Finito in panchina, dove è scoppiato in un pianto dirompente che ha commosso compagni di squadra e tutti i tifosi presenti allo stadio e al televisore, il rosarino ha ricordato quanto accaduto a Diego nel 1990. Alla vigilia degli ottavi di finale da giocare al Delle Alpi di Torino contro il Brasile, l’allora 10 argentino era stato immortalato con la caviglia sinistra gonfia come un limone.
Nel bel mezzo della tumefazione un buco dovuto all’infiltrazione alla quale si era sottoposto per resistere al dolore e non mancare al grande appuntamento contro i rivali di sempre. Protagonista del grande assolo palla al piede che portò al gol di Caniggia che significò il passaggio del turno, qualcosa di immeritato dopo ben cinque tiri ai pali dei verdeoro, Maradona si coronò nuovamente di gloria dopo aver vinto la sofferenza. Nella notte tra domenica e lunedì Messi ha stretto i denti fino a quando il corpo non si è arreso. La sua nota capacità di resistenza, aiutata anche da una carriera fondamentalmente risparmiata da gravi infortuni alle articolazioni, ha avuto un punto di inflessione in questa stagione nordamericana, dove l’età che avanza e l’inferiore livello degli avversari lo hanno trascinato verso un lungo calvario che in questa Copa lo ha limitato non poco.

La Copa di Leo

Tra un problema ormai costante all’adduttore e la fresca distorsione alla caviglia destra, quella che lo sostiene maggiormente in quanto mancino, la Pulga ha dovuto dire basta, lasciando così la sua squadra senza il suo capitano e leader tecnico. Ed è per questo che, al momento del gol decisivo, Lautaro Martinez è corso subito ad abbracciarlo, come a dirgli che ormai era fatta e che anche senza di lui erano riusciti a portare a termine la missione. Lui che mai era stato risparmiato prima di una possibile sequenza ai calci di rigore, è stato invece costretto a mettersi da parte per rispondere alle implacabili leggi del tempo, che inesorabilmente passa per tutti. Nell’estate in cui il suo rivale storico Cristiano Ronaldo ha palesato un crollo netto dal punto di vista fisico ma anche mentale, lui ha tenuto duro gestendo al massimo gli sforzi. Con tutta una squadra pronta a giocare per lui. Su tutti quell’Angel Di Maria che ha vissuto una standing ovation al momento della sostituzione al 117’ con Otamendi. Un altro che dice addio alla Selección. Entrambi hanno accompagnato l’alzata della coppa di una nazionale in stato di grazia. E che spera che, in un modo o nell’altro, Messi possa esserci anche tra due anni. Sempre negli States.

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