A cinque anni di distanza dall’ultima edizione, torna la Coppa d’Asia. In ritardo di qualche mese rispetto al programma iniziale e persino in un luogo diverso: doveva essere disputata in Cina tra giugno e luglio 2023, ma a causa della pandemia è stata riassegnata al Qatar, anche grazie alle strutture già pronte per il Mondiale ospitato un anno (e un mese) fa. Considerate le temperature proibitive per giocare in estate, alla fine la scelta è ricaduta ancora sul periodo invernale. E così i campioni in carica sono anche la nazione ospitante, visto che negli Emirati Arabi la selezione ottenne un tanto sorprendente quanto discusso successo, battendo il Giappone nella finalissima. Quest’anno, però, è inevitabilmente un’altra l’osservata speciale: dopo gli investimenti effettuati dai club di Saudi Pro League e le ambizioni di crescita del calcio nel paese attraverso l’approdo di campioni e anche giocatori in rampa di lancio - anche se ci sono correnti di pensiero che sostengono che l’arrivo di superstar strapagate ostacolino la crescita dei giocatori locali -, l’Arabia Saudita diventa obbligatoriamente la più attesa, anche in virtù delle ottime prestazioni messe in mostra nello scorso Mondiale, soprattutto la vittoria ottenuta con l’Argentina di Messi poi campione del mondo.
La grande novità, ça va sans dire, è in panchina, dove da agosto siede Roberto Mancini, alla prima grande competizione con la selezione saudita. L’avvicinamento è andato avanti tra alti e bassi, con risultati poco convincenti contro nazionali di pari livello (una vittoria e tre ko contro Mali, Nigeria, Corea del Sud e Costa Rica) e vittorie contro squadre sulla carta inferiori a livello tecnico, oltre a scelte forti, come l’esclusione di alcuni veterani, che ha sollevato diverse polemiche in patria non mettendo il ct campione d’Europa sotto una buona luce. Se la vedrà in un girone agevole con Thailandia, Kirghizistan e Oman.