Carlo Mazzone è morto. Il primatista di panchine, veterano dei tecnici, 'padre' adottivo di tanti calciatori aveva 86 anni. L'immagine della sua corsa sfrenata sotto la curva avversaria dopo un pari in rimonta in Brescia-Atalanta, a sfogare la rabbia per gli insulti ricevuti, lo ha inseguito a dispetto di una carriera a schiena dritta, povera di risultati eclatanti ma ricca di riconoscimenti personali.
Ma con la morte di Mazzone se ne va il re dei tecnici di provincia, dove per provincia si intende il cuore del calcio italiano. Lì dove la passione regna, oltre il palmares o i soldi spesi. Mazzone è stato primatista di presenze sulle panchine della Serie A, con 795, oltre che veterano dei tecnici in attività prima di ritirarsi a fare il nonno nella 'sua' Ascoli. Il 'sor Magara' - epiteto guadagnato dal suo modo romano di storpiare l'esclamazione, moltiplicandola all'infinito - non è stato soltanto un allenatore di calcio ma anche, per molti ragazzi che hanno lavorato con lui, un secondo padre.
Mazzone, come un padre
Non a caso, un film dell'ottobre 2022 su di lui era intitolato proprio così, "Come un padre". Perché tutti conoscono il tecnico, ma pochi hanno conosciuto veramente l'uomo che c'era dietro e quanto sia stato importante per la carriera e la vita di gente come Totti, Baggio, Guardiola (che gli dedicò la vittoria della Champions del 2009), Materazzi, Toni, Pirlo e tanti altri. Di sicuro Mazzone non avrà vinto come altri suoi illustri colleghi, ma ha ottenuto il successo più grande: essere rimasto nel cuore di tutti, gente comune e addetti ai lavori, a prescindere dal tifo e dal colore della maglie.