Un piccolo Bati
Ma che tipo di attaccante è Mateo Retegui? Lo ha spiegato, in esclusiva per Tuttosport, l’allenatore che lo ha formato nella Reserva del Boca Juniors, uno che di bomber se ne intende, dato che nel corso della sua carriera da giocatore ha cancellato fenomeni come Shevchenko, Tomasson, Kakà, Ronaldinho e via discorrendo. "Mateo è un giocatore che negli ultimi tempi è cresciuto in maniera esponenziale - racconta Rolando Carlos “El Flaco” Schiavi -. Può calciare di destro, di sinistro, è molto potente, rapidissimo e non si stanca mai di andare in pressing sui difensori avversari. Ha trovato una regolarità che gli ha regalato confidenza nei suoi mezzi e che lo ha portato a segnare a valanga. E’ un bomber d’area, un 9 puro, anche se, all’occorrenza, non disdegna decentrarsi. Non ha nel suo repertorio gol da cineteca almeno per ora: capiamoci, difficilmente lo vedrete saltare in dribbling 3 o 4 difensori e poi segnare. Lui è implacabile nell’1 contro uno e nel fulminare il portiere. Mi ricorda il giovane Gabriél Omar Batistuta: nemmeno lui era un attaccante che si caratterizzava per avere enorme abilità nel saltare avversari a raffica, ma quando gli arrivava il pallone in area era una sentenza assoluta. Un’altra qualità di Retegui è la testardaggine, la caparbietà, la fame: non si dà mai per vinto".
Schiavi su Retegui: "Un guerriero"
"E’ un guerriero, è abituato fin da piccolo a praticare a ottimo livello anche altri sport e questo ne accresce la competitività. Ha sempre nella testa un pensiero fisso: il gol. Come essere umano è speciale: educato, semplice, ha valori positivi e questo è fondamentale per un calciatore professionista. Credo sia pronto per il calcio europeo: ha l’età giusta, 23 anni, è maturo per il grande salto. Aveva iniziato la sua carriera nelle giovanili come interno di centrocampo, poi nella Quinta División del Boca il suo tecnico di allora Sergio Saturno decise di cambiargli ruolo e metterlo al centro dell’attacco: all’inizio ha fatto un po’ di fatica, ma quando ha compreso e mandato a memoria i movimenti di un 9 è diventato devastante. Proprio il suo passato da centrocampista gli ha lasciato la sensibilità e l’abilità nel sapersi adattare a cambi repentini di posizione". Insomma: Mancini e l’Italia hanno tra le mani un gioiello. Il countdown per il primo morso di El Tábano, perdòn, Il Tafano azzurro è già cominciato.