Nessun ballo sfrenato a bordo campo, nessun lancio di cappotti, impermeabili e giacche, nessuno strillo sguaiato e minaccioso. Carlo Ancelotti ha vinto una partita che sembrava impossibile ma l’ha vinta con la sua normalità, esclusiva che appartiene agli uomini che restano tali senza la presunzione di considerarsi depositari del Verbo, nel caso specifico quello del football. I docenti contemporanei, esibizionisti su blog ed emittenti varie, private e pubbliche, parleranno e scriveranno di fortuna, di quattro lettere, della solita buona sorte che accompagna l’allenatore italiano.
Considerazioni superficiali e ignoranti soprattutto perché pensate ed elaborate da chi il calcio lo ha praticato e, dunque, dovrebbe ben conoscerne le trappole, i colpi di scena, l’imprevisto. Il Bernabeu ha giocato un ruolo importante mai fischiando o contestando la squadra che stava sotto di un gol, cioè eliminata, anzi l’ha accompagnata fino all’ultimo respiro già prevedendo il miedo escenico che avrebbe intossicato gli inglesi. La virtù di Ancelotti è quella di non smarrire mai la calma, quella vera mica “halma”, di sacrificare la santissima trinità, i tre centrocampisti titolari, inserendo un 2001 e un 2002 nel momento decisivo, così portando muscoli freschi in una partita ormai tatticamente slabbrata.
Facile dirlo e scriverlo dopo ma chi non immaginava un finale a sorpresa, nonostante il vantaggio del City? Questa è la Champions, questo é il Real Madrid ma questo è anche Guardiola capace di perdere nel giro breve di alcuni minuti le sue ultime otto partecipazioni al torneo. Non sono un dettaglio ma la didascalia di un eccellente professionista che vive con i nervi scoperti e rinuncia alla prudenza, cercando uno spettacolo fine a se stesso. Ancelotti finalista a Parigi può essere leggenda per la storia della Coppa e del calcio vero, quello fatto con l’intelligenza della tattica ma non del tatticismo, forma esasperata di qualunque disegno di gioco.
Il Real Madrid è squadra di umiltà, chi ha ritenuto di essere più importante della squadra e del club, da Cristiano Ronaldo a Bale, è stato o allontanato o messo ai margini. Il lavoro dell’ Ancelotti United (Carlo&Davide) ha saputo raggrumare la tradizione alla essenzialità, mai abbiamo sentire parlare dal tecnico italiano di “il mio calcio” perché il calcio non è di nessuno se non degli interpreti, della loro qualità, della loro personalità, del loro cuore. Il resto è fuffa che riempie la pancia e la bocca di chi ritiene che Carlo Erminio Ancelotti da Reggiolo sia un allenatore bollito, datato, fortunato. Una risata li coprirà di ridicolo.