«Barrilete cósmico... ¿de qué planeta viniste?». Queste parole di Víctor Hugo Morales, rubate alla telecronaca più famosa della storia, Argentina-Inghilterra ‘86, risuonavano come un mantra nella mia testa mentre in auto percorrevo l’Aubasa, l’autostrada che da Buenos Aires porta a La Plata. «Aquilone cosmico... Da che pianeta sei venuto?». Perché avere la chance di conoscere il migliore di tutti i tempi, Diego Armando Maradona, El Pelusa, non capita tutti i giorni. Del resto, se ho scelto di fare il giornalista sportivo, se mi sono appassionato al LatinoAmérica, ai potreros, alle gambetas, all’Argentina e alla sua gente, la colpa, oltre che di mio padre, è anche tua, Diegote. Hai cambiato la mia vita: ecco perché il 30 ottobre 2020 è in realtà il Capodanno del 60 DD, Dopo Diego. E non hai cambiato solo la mia, ma quella di un’intera generazione: da Pibe de Oro a El Niño, uragano che travolge tutto, che non puoi fermare, che cambia la realtà con cui viene a contatto. Per sempre. Tu, nato a Villa Fiorito da Don Diego y Doña Tota, tu che da bimbo avevi già chiarissima la via per uscire da quella realtà: «Mi primer sueño es jugar un Mundial. El segundo es salir campeón».
E mentre l’ora dell’appuntamento si avvicina rivedo i tuoi dribbling, i tuoi gol, le tue magie e la furbizia contro il Potere, contro chi rappresentava la gente che aveva ammazzato la tua gente alle Malvinas. La corona inglese nulla può contro la Mano de Dios. Mi sembra di riascoltare il grido dopo il gol alla Grecia nel ‘94, quando ti hanno usato, Diegote: agli yanquis, lo sappiamo, del nostro adorato fútbol non interessa nulla, lo chiamano persino in modo diverso! Sei stato manifesto, specchietto per i tifosi, per poi essere gettato via. Hai sbagliato. Lo hai ammesso. Hai chiesto scusa davanti a 60 mila persone che affollavano casa tua, La Bombonera: «La pelota no se mancha», la palla non si macchia, prendetevela con me quanto volete, ma lasciate stare il gioco più bello del mondo. Hai insegnato alla tua gente la felicità, sventolando la Coppa del Mondo dal balcone della Casa Rosada e hai insegnato loro la dignità, manifestando contro l’Alca con Hugo ed Evo: «Argentina es digna!». E’ pure per questo che, Diegote, quando stavo per abbracciarti, mi tremavano le gambe. Per ciò che sei. A quelli che preferiscono porre l’accento sui tuoi errori posso solo di dire: «Non m’interessa cosa Maradona abbia fatto della sua vita. M’interessa ciò che ha fatto con la mia». Di tutto cuore, Feliz Cumpleaños, Barrilete cosmico!