Su Tuttosport del 9 febbraio 1946, a tenere banco è l'intasato calendario del calcio nel dopoguerra. Con due stagioni che rischiano di accavallarsi e l'intenzione di organizzare un successivo torneo a venti squadre. «Le cure di calcio sono ricostituenti, si sa, ma non bisogna esagerare - scrive in prima pagina Carlo Bergoglio -. Per esempio: la cura di calcio che ci si vuol far fare in due stagioni di venti mesi complessivi col breve respiro di un mesetto fra l'una e l'altra, può farci correre il rischio di finir calcificati come le mummie dei tempi di Ramsete e Amenofi. Questo campionato, non sveltito, terminerà in agosto. E vediamo adesso la fiumana del prossimo. Esso è stato deciso al Congresso di Novara, secondo un progetto che vedrebbe il prossimo torneo disputato a venti squadre».
I cinque punti del "discorso del Bolshoi"
“L’Unione Sovietica ha contribuito come nessun altro alla sconfitta del nazionalsocialismo; non deve più commettere errori nel campo della difesa; deve riprendere l’esportazione del comunismo allo scopo di instaurare relazioni cordiali con Paesi amici; deve impegnarsi a fondo in un piano di riarmo perché è ancora circondata da Paesi nemici; la Seconda Guerra Mondiale è stata causata dal capitalismo e nuove guerre sarebbero state inevitabili”: sono i cinque concetti fondamentali del “discorso del Bolshoi” pronunciato da Stalin il 9 febbraio 1946 con l’obiettivo di ricompattare la società sovietica provata dalla guerra. L’incaricato d’affari dell’ambasciata americana George Kennan, però, prese in esame in modo molto serio questo discorso che, seppur avesse le caratteristiche di un comizio e non fosse stato pronunciato per lanciare un guanto di sfida agli Alleati, lo portò a redigere un lungo telegramma per sottolineare come “l’Unione Sovietica fosse ritornato il Paese leader del comunismo e quindi diventava prioritario per gli Stati Uniti sviluppare una strategia del contenimento sufficientemente lunga e dispendiosa per la controparte fino al crollo dell’Urss”, giudicato inevitabile.