La "triste" notorietà di Nasser Al-Johar

Nato il 6 gennaio 1946, era il commissario tecnico dell'Arabia Saudita sconfitta per 8-0 dalla Germania ai Mondiali 2002. Quel giorno si conclude a Roma il 5° Congresso nazionale del Partito Comunista, che si schiera a favore dell'opzione repubblicana
La "triste" notorietà di Nasser Al-Johar© AFPS

La circostanza non è certo delle più lusinghiere, ma la partita d'esordio ai Mondiali 2002 tra Germania e Arabia Saudita nell'immaginario comune rappresenta il momento di massima notorietà per Nasser Al-Johar. Centrocampista prima e allenatore poi, nato a Riyad il 6 gennaio 1946, in quel clamoroso 8-0 per i tedeschi occupava il ruolo di commissario tecnico della sua Nazionale. Il suo primo incarico con la selezione saudita risale alla Coppa d'Asia 2000, quando guidò la squadra fino alla finale persa per 1-0 contro il Giappone, l'ultimo sarebbe dovuto coincidere con il Mondiale 2010, ma il commissario tecnico si dimise in seguito a pesanti critiche in patria nonostante la qualificazione alla manifestazione iridata. Al-Johar, attualmente, è ancora un consulente tecnico per la Federazione saudita.

L'ultimo giorno del Congresso del Partito Comunista

Il 6 gennaio 1946 si conclude a Roma il quinto Congresso nazionale del Partito Comunista Italiano in cui, durante sette giorni di incontri, erano state discusse e definite la linea d’azione e le misure programmatiche da applicare sia nella campagna elettorale per l’Assemblea Costituente, sia nella redazione della Costituzione, poi riassunte dal leader Palmiro Togliatti. Rifiutando qualsiasi “salto in avanti” di matrice rivoluzionaria e schierandosi a favore dell’opzione repubblicana, Togliatti si dichiara per un partito a favore della nascita di una «repubblica democratica di lavoratori», in cui «libertà di parola, di stampa, di coscienza, di organizzazione economica e politica» siano «diritti imprescindibili». L’opzione repubblicana era, secondo Togliatti, l’unica che avrebbe consentito all’Italia, devastata dal ventennio fascista e della guerra, di realizzare, a fronte dell’arretratezza e povertà del Paese dal punto di vista economico e civile, «tutte le riforme di contenuto sociale col rispetto del metodo democratico, necessarie a dare al popolo maggior benessere».

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