Charles ed Elizabeth sono due pastori pentecostali che vivono nel minuscolo paesino di Deer Lodge. E lì, nel profondo Montana, il 17 settembre 1945 danno alla luce il loro Philip Douglas Jackson, destinato – sotto il diminutivo di “Phil” – a diventare il più straordinario allenatore di pallacanestro di tutti i tempi. Phil Jackson cresce in un mondo senza televisione, fatto di messe tutti i giorni e di magliette rigorosamente bianche. Quando se ne allontana e scopre il parquet, diventa un giocatore in grado di vincere due titoli NBA con i New York Knicks. Ma è quando si siede sul pancone, al termine della carriera, che comincia la leggenda. Perché coach Jackson crea con le sue mani il mito dei Chicago Bulls di Michael Jordan, con cui vince sei anelli in otto anni. E, dopo un solo anno sabbatico, si ripete con i Los Angeles Lakers di Kobe Bryant, conquistando in gialloviola altri cinque titoli ed entrando definitivamente nella storia del basket mondiale.
La Guerra è finita anche per Piccolino, il reduce amato dalla sua comunità
Per lui il giorno che segna la fine della guerra è il 17 settembre 1945. Quando, dopo oltre due anni e mezzo, rientra dalla prigionia seguita alla cattura da parte dei sovietici. Gino Piccolino è stato reduce della campagna di Russia e simbolo della memoria della comunità di Ausonia, paese in provincia di Frosinone dove è nato nel 1922. Quella stessa comunità che, poco più di un mese fa, gli ha dato il suo ultimo saluto «commosso, sentito, riconoscente. Ho avuto l’onore di premiarti per aver combattuto per la nostra e tua cara Italia, Ausonia non ti dimenticherà mai», le parole del sindaco Benedetto Cardillo. Dopo essere stato liberato, Piccolino era stato ricoverato presso l’ospedale militare San Carlo di Roma, dove aveva subito l’amputazione bilaterale delle dita dei piedi distrutte dal congelamento. Nel 2015 ha ricevuto la Croce al Merito di Guerra e la Medaglia Commemorativa per il periodo bellico 1940-1943.