È una leggenda del padel e ct della nazionale argentina, laureatasi campione del mondo per la categoria maschile ai recenti FIP World Padel Championships svolti a Doha. Classe 1974, ex numero uno del Padel Pro Tour nel 2001 in coppia con Seba Nerone, Gaby Reca ha iniziato a giocare a padel a 18 anni e per il suo cinquantesimo compleanno, festeggiato lo scorso 10 agosto, non ci poteva essere regalo migliore che il titolo mondiale. Chi meglio del coach argentino può dare i giusti consigli sul mo vimento padelistico in Italia: «In Italia stanno lavorando molto bene – le sue parole in esclusiva –, ci sono tanti tornei FIP, come ad esempio il Major di Roma e il P1 di Milano, li avvantaggia e dà loro la possibilità di confrontarsi con i migliori giocatori e ad ave re più ritmo. Penso che l'Italia, sia nel femminile che nel maschile, stia tirando fuori buoni giocato ri, come nel caso di Giulio Graziotti, Giorgia Marchetti e Ca rolina Orsi: tutti si stanno inse rendo tra i migliori del mondo».
La ricetta per crescere
La parola magica per continuare a crescere, secondo Reca, è una sola: «Pazienza. È una parola che oggi è in disuso, molte per sone non capiscono che tutto non è immediato. Con la na zionale femminile abbiamo at traversato un periodo in cui la Spagna è arrivata a dominare e siamo in un processo di cam biamento che ci porterà di nuo vo a essere in grado di lottare per vincere di nuovo un titolo. Non dobbiamo perdere di vista il fatto che il processo richiede cinque, sei o otto anni». Diver timento è invece la parola ma gica per chi inizia oggi a giocare a padel: «Lasciateli divertire - continua il coach albiceleste - e non è sempre colpa del compagno di squadra. Il padel è uno sport meraviglioso, lascia teli andare a prendere lezioni che li faranno giocare meglio e non li faranno rinunciare a que sto sport». Una crescita che accomuna tutti gli appassionati a un sogno, il padel a cinque cerchi: «Sì, prima o poi succederà – conclude Gaby Reca –. L'organizzazione che la FIP ha oggi è molto buona ed è questione di tempo e di alcuni processi per ché diventi olimpico. Ma credo che già l’esperienza della Coppa del Mondo sia già molto buona come primo passo».