Il capolavoro di Girmay, l’uomo delle prime volte

Biniam è il primo atleta africano di colore che vince una tappa al Tour ed era anche stato il primo a scrivere il nome in una classica del Nord
Il capolavoro di Girmay, l’uomo delle prime volte© LAPRESSE

Chi, se non l'uomo delle prime volte, poteva abbattere un altro tabù nell'avvio di Tour più sorprendente dell'epoca recente? Biniam Girmay, primo atleta africano a conquistare una classica del Nord – la Gand-Wevelgem 2022 – diventa il primo africano di colore ad imporsi in una tappa al Tour de France, eguagliando l'impresa già riuscita al Giro d'Italia di due anni fa nella frazione di Jesi. E proprio come nelle Marche ci riesce con uno sprint di rara potenza e intensità, il primo della Grande Boucle edizione numero 111 alla terza e ultima frazione interamente in territorio italiano. Alle spalle di Girmay c'è un intero popolo, quello eritreo, che ha un amore innato per la bici e che ha finalmente trovato un eroe capace di portare la propria bandiera, i propri colori sulle strade dello sport che conta. 
 
Non a caso, è tra i più acclamati in gruppo: le comunità eritree locali lo accolgono ogni volta come un capo di Stato. Il sorriso dolce, quasi timido, del 24enne dell'Intermarchè-Wanty (prima vittoria al Tour anche per la formazione belga) non è l'unico di giornata. Il campione olimpico di Tokyo Richard Carapaz strappa la maglia gialla dalle spalle di Tadej Pogacar in virtù di una miglior somma di piazzamenti e porta il suo Ecuador per la prima volta sul gradino più alto della generale alla Grande Boucle. Sotto la Mole, c'è quasi una piccola Quito: a maggio l'ecuadoriano Jhonatan Narvaez sorprese Pogacar conquistando la prima maglia rosa dell'ultimo Giro, adesso è il suo connazionale Carapaz a tingersi di giallo nobilitando il lavoro di Bettiol e dei suoi altri compagni della Education EasyPost. 
Eppure il primo arrivo allo sprint del Tour è stato tutto fuorché una passeggiata di salute. La prima volta con una zona di sicurezza di 5 chilometri invece di 3 (la distanza dal traguardo entro la quale non vengono presi in considerazione ritardi o distacchi causati da incidenti o problemi meccanici, novità delle ultime settimane varata dall'Uci in collaborazione con il sindacato dei corridori) non ha evitato colpi di scena. Prima, i problemi alla bici per Van der Poel. Poi, una caduta violenta a 2000 metri dalla conclusione della frazione che ha coinvolto diversi corridori stoppando la corsa di Philipsen e Cavendish, tra i più accreditati al successo di giornata. Anche la volata finale è stata caotica e nervosa: l'olandese Groenewegen ha concluso la frazione con una sola mano sul manubrio, considerato che l'altra era impegnata a mandare a quel paese il belga De Lie, colpevole di averlo stretto alle transenne impedendogli di competere per il successo. Dopo Bardet – alla prima e fin qua unica maglia gialla della carriera – e Vauquelin, Birmay. Dopo l'olandese Dsm-firmenich PostNl e la francese Arkea B&B Hotels, la belga Intermarchè-Wanty.

Le sorprese

Eccole le sorprese di un Tour che, abituato al dominio degli squadroni Uae e Visma-Lease a Bike, si scopre appannaggio delle piccole realtà del pianeta World Tour. E chissà cosa accadrà quest’oggi, con l’ingresso in Francia della carovana e le prime vere montagne. Galibier in testa. Tadej Pogacar è apparso più che felice di lasciare l’incombenza di menar le danze sulle prime salite della corsa all’americana Ef. Un segnale di maturità tattica dello sloveno e del suo (sulla carta) squadrone o una tattica puramente difensiva appurato che Vingegaard sta meglio di quanto fosse lecito supporre? Il San Luca, però, non è il Galibier (Souvenir Henri Desgrange 2024 della corsa, anticipato inoltre da Sestriere e Montegenevre) e solo quest’oggi avremo risposte più corpose non solo su Pogacar e Vingegaard, ma su tutti quelli che vorranno dir la loro in un Tour de France solo agli inizi. Oggi la Grande Boucle saluta l’Italia dopo un abbraccio lungo sei giorni, onorando ancora la memoria di Fausto Coppi: si riparte da Pinerolo, dove il Campionissimo arrivò partendo da Cuneo con un abisso alle sue spalle. Era il 1949. Chissà che non sia solo un arrivederci.
 

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