VIPITENO - Domattina, alle 7.20 in punto, saranno passati quattro anni. Quattro anni da quel primo gennaio a Racines, paese altoatesino a 80 km da Bolzano, quando la Wada si presentò a casa di Alex Schwazer per un controllo antidoping a sorpresa. Uno dei tanti ai quali veniva sottoposto l’oro nella 50 km di marcia ai Giochi di Pechino 2008: quel giorno egli non sapeva che una provetta gli avrebbe aperto le porte dell’inferno. Squalificato nel 2012 fino al 29 aprile 2016 per essere risultato positivo a un test e scontata la pena, nello stesso 2016 Alex torna a gareggiare nei Mondiali di marcia a squadre, vincendo la 50 km e qualificandosi per i Giochi di Rio, dove si sarebbe presentato nel ruolo di grande favorito. Ma il 22 giugno 2016, la Iaaf, oggi World Athletics e la Wada comunicano alla Fidal: Schwazer risulta positivo al testosterone. Per questo motivo, la Iaaf lo sospende in via cautelare in attesa della decisione finale del Tas (Tribunale Arbitrale dello sport), che il 10 agosto, esattamente cinque giorni dopo l’inizio delle Olimpiadi brasiliane, squalifica l’atleta per 8 anni, impedendogli di partecipare ai Giochi e cancellando tutti i suoi risultati registrati nel 2016. Sin dal primo momento, Schwazer protesta la sua innocenza, sempre difeso a spada tratta dal suo allenatore, Sandro Donati, 72 anni, uno dei più grandi tecnici dell’atletica leggera italiana, da una vita in prima linea nella battaglia contro il doping.
«IL RAGIONEVOLE DUBBIO» DEL GIP
Il 7 settembre scorso, nel giorno del suo matrimonio con Kathrin, 36 anni, Tuttosport anticipa il risultato della perizia dei Ris di Parma che conferma tutti i sospetti di manipolazione del campione di urina prelevato il fatidico 1° gennaio 2016. Il 16 ottobre, per la prima volta il gip Walter Pelino del Tribunale di Bolzano (dove Schwazer è indagato per frode sportiva circa la positività del 2016) ha parlato dell’ipotesi di «manipolazione» delle provette. E ordina un supplemento di indagine: «Tra le ipotesi atte a spiegare l’anomala concentrazione del Dna riscontrato nelle aliquote di urina relative al prelievo del primo gennaio 2016 […] quella della manipolazione è l’unica, allo stato, suffragata da elementi indiziari e, comunque, resa possibile dai gravi vizi già accertati dalla catena di custodia e concretamente attuabile senza particolari difficoltà. E questo basterebbe senz’altro ad affermare, già oggi, la sussistenza di un ragionevole dubbio sulla colpevolezza dell’indagato e a suffragare l’archiviazione del procedimento a suo carico». Pelino chiede nuovi test su 50 atleti volontari da «reperire con la collaborazione della Fidal che pratichino in maniera agonistica la marcia o attività sportive nelle quali si richiedano similari sforzi fisici e prelevare un campione d’urina da ciascuno di essi». Alla Wada, invece, il giudice domanda di produrre i valori biologici di 50 sportivi che sono risultati positivi al testosterone. La Wada, lo leggete in questa stessa pagina, scantona. Si arrampica sugli specchi. Non collabora. La federazione italiana di atletica, sì.
«C’È UN GIUDICE, A BOLZANO»
«Voglio sottolineare il comportamento della Fidal e ringraziarla pubblicamente. Già all’indomani dell’ordinanza del giudice si è resa disponibile a fornire le provette dei campioni prelevati agli atleti in superallenamento. Sinceramente, non me l’aspettavo. Questo è l’atteggiamento di chi non ha nulla da nascondere». La bimba di Kathrin e Alex si chiama Ida. Il nome discende dal tedesco antico Itha che significa donna guerriera. Talis filia talis pater, vien da dire. Non ci vedevamo da poco più di due anni. Alex ha l’aria serena, calma, determinata. Sorseggiamo un succo di mele. Il 10 dicembre scorso, il Tas di Losanna ha respinto la richiesta di sospensione della squalifica del marciatore. Secondo i giudici, non è dimostrata la «massima probabilità» della manipolazione delle urine usate per il controllo antidoping che portò alla squalifica. Alex se l’aspettava: «Negli ultimi anni soltanto 3-4 istanze sono state accettate, tutte le altre sono state respinte». Ma l’avvocato Gerhard Brandstaetter è come Schwazer: non molla: «Andremo davanti al Tribunale federale con lo scopo di portare le prove necessarie per una sospensione della squalifica». Alex annuisce: «Il nuovo verdetto è previsto in marzo. L’udienza penale a Bolzano, invece, è fissata per il 22 luglio. I Giochi di Tokyo cominceranno il 24 luglio e termineranno il 9 agosto. Non potrò parteciparvi: essendo sotto squalifica, non ho la possibilità di ottenere il tempo minimo di qualificazione. Ma la cosa più importante è un’altra: il 2020 deve essere l’anno in cui, finalmente, otterrò giustizia. Ho avuto la fortuna di incontrare sulla mia strada il dottor Pelino, un giudice che non si fa intimorire, sebbene egli sappia che io sono un singolo atleta opposto a istituzioni molto forti e molto potenti. Peraltro, formalmente, a Bolzano sono ancora imputato nel procedimento in corso...».
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