Schwazer 2020, la rivincita: ciclone sull'antidoping

Il Gip di Bolzano piccona le accuse al marciatore: "La manipolazione delle provette è l’unica ipotesi suffragata dagli indizi"

La giustizia ordinaria ha un passo molto più lento del ritmo che Alex Schwazer imponeva alle sue gare di marcia, ma prima o poi arriva al traguardo. E quando lo taglia, può scatenare un ciclone capace di demolire l’attuale sistema mondiale dell’antidoping che presenta più buchi di un gruviera. Le 34 pagine dell’ordinanza emessa da dottor Walter Pelino, giudice per le indagini preliminari di Bolzano, ribaltano letteralmente i ruoli nel procedimento in corso davanti alla magistratura altoatesina. Ufficialmente, Schwazer è imputato nel procedimento penale per violazione dell’articolo 9 comma 1 della legge antidpong 376/2000.

 

In realtà, le prime due parti lese (Iaaf, Associazione internazionale delle federazioni di atletica leggera) e Wada (World Anti Doping Agency, Agenzia mondiale antidoping) diventano le principali sospettate del clamoroso caso di manipolazione delle provette all’origine di questa vicenda kafkiana. La Wada dovrà fornire 50 campioni anonimi di urina di soggetti positivi al testosterone per controllare le cause di un possibile innalzamento dei valori di Dna causato dal doping. La terza parte in causa, alias Fidal (Federazione italiana di atletica leggera), viene chiamata ad esibire i risultati di una perizia su 50 atleti che pratichino discipline di resistenza ad alto livello, onde verificare se possano essere prodotti picchi così alti di concentrazione del Dna come quelli addebitati a Schwazer. E occhio: stavolta non ci dovranno essere analisi condotte «in maniera del tutto autoreferenziale e fuori del contraddittorio». Niente provette già scongelate, non sigillate e fuori dalla catena di custodia.

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