Eccellenza culturale, ha sposato un progetto sportivo per gli studenti e i cittadini milanesi. La passione del Consigliere Delegato Riccardo Taranto:
Dottor Riccardo Taranto, quando e perchè la Bocconi ha deciso di abbracciare in maniera decisa la declinazione dello sport realizzando questo spettacolare edificio che nel nuovo campus ospita su tre livelli una maxipalestra polifunzionale per partite di calcio a 5, volley e basket, una piscina olimpionica da 50 metri e una da 25 metri coperte oltre a un piano dedicato a un punto d’eccellenza Virgin? «In qualche modo il legame con lo sport anche dal punto di vista accademico era già da qualche anni importante. Ospitiamo i Master Fifa, ora la Sda Bocconi sta facendo i master per i manager dei Mondiali di Calcio. Dal punto di vista sportivo avevamo già attività anche agonistiche, ma dopo che 15 anni fa abbiamo acquisito questa area della ex Centrale del latte e poi abbiamo definito gli sviluppi potenziali nel corso del tempo abbiamo deciso di far entrare anche questa area dedicata allo sport dopo le incontri con il Comune: si è arrivati così ad avere una estensione della superficie che si poteva coprire con l’impegno di realizzare il centro sportivo aperto anche al pubblico nelle modalità pattuite. La stessa Sport Arena è partita con le attività interne degli studenti, ma a breve ci saranno orari anche per chi non è iscritto alla Bocconi. Il legame dello sport c’è da tanti anni anche a livello di insegnamento e di attività di ricerca e questo ci permette di essere più vicini alle esigenze del mercato».
La risposta sportiva degli studenti vede una di erenza tra maschi e femmine oppure no? «Noi abbiamo circa un 44% di studentesse e un 56% di studenti e posso dire che grosso modo l’adesione alle nostre proposte sportive rispecchia fedelmente la proporzione di partenza anche se ovviamente ci sono sport con una caratteristica più spiccata al femminile, come la pallavolo».
Per ciò che ha vissuto a livello personale e professionale quanto ritiene sia importante lo sport che, grazie al lavoro in primis di Mauro Berruto, si sta cercando di fare entrare nella Costituzione come un diritto del cittadino? «Io sono stato sin da bambino appassionato allo sport, prima il calcio, poi il tennis e quindi lo sci che pratico ancora e poi ho avuto la fortuna di incontrare lo sport anche nel lavoro: sono stato Cfo in Rcs gestendo gli eventi sportivi che organizzavamo come il Giro d’Italia, o quello di Dubai e Abu Dhabi, le maratone e tante altre opportunità. Ho così potuto apprezzare il valore esponenziale dello sport che a volte necessita di professionalizzarne la gestione: a volte questo è un tallone d’Achille, ci si imbatte in soggetti che hanno grande passione ma magari difettano in alcune competenze».
Qual è il valore aggiunto per uno studente Bocconi che decide di a ancare agli studi anche la pratica dello sport? Quando lei la frequentò non esistevano tutte queste opportunità e strutture. «Vero, non c’erano ma io facevo parte della squadra di calcio della Bocconi e partecipammo anche a un torneo internazionale nel 1980. Ero portiere anche se mi piaceva giocare in avanti. Eravamo 8 Università che si sono affrontate a Parigi. Quella squadra e quella partecipazione mi sono rimaste nel cuore».
Scusi, ma già che ci siamo, chi era il suo idolo di allora? «Io sono milanista e visto che giocavo tra i pali il massimo per me era Albertosi. Era un personaggio che attraeva molto. In assoluto comunque il mio riferimento era ovviamente Gianni Rivera, una vera e propria icona a partire dalla mia infanzia».
Come Consigliere delegato della Bocconi, di quali obiettivi è particolarmente soddisfatto e quali traguardi per il futuro? «Questo è un periodo particolare perché aver dovuto gestire l’inizio delle attività durante la pandemia non ha certamente aiutato. Abbiamo vissuto il dispiacere di non poter partire come avremmo voluto. Di fatto noi eravamo pronti tra la fine del 2019 e i primi mesi del 2020 ma fino a giugno 2021 non abbiamo potuto utilizzare il centro sportivo. Siamo in una fase di start up in cui c’è grande interesse e partecipazione da parte dei nostri studenti: è stato già disegnato un bel programma per loro e poi si punta anche a livello esterno agonistico. Speriamo di poter ospitare qualcosa che ha a che fare con la Nba, lo diciamo a bassa voce ma ci stiamo lavorando. Abbiamo poi una convenzione con il Comune per cui prossimamente i bambini delle scuole potranno frequentare la piscina: lo sport è anche salute».
La Bocconi è una fabbrica di cervelli doc. Come dovrebbe intervenire il sistema Paese per evitarne la fuga? «Da un lato c’è un sistema educativo che non sempre ha favorito la qualità. Bocconi ha fatto un grande salto, io ne sono stato studente tra la fine degli Anni 70 e inizio Anni 80 ed era molto prestigiosa ma molto lombarda, stranieri ce n’erano pochissimi. Ora il 20% degli studenti è straniero! E se inseriamo tutti coloro che partecipano agli scambi internazionali per un semestre possiamo contare oltre 3 mila stranieri. Questa presenza ci ha portato a fare un salto a livello di strumenti, modalità di insegnamento, didattica avanzata. Forse in questo senso le università italiane salva qualche rara eccezione sono indietro. Il secondo aspetto è legato al rapporto con il mondo del lavoro. La qualità unica della Bocconi è quella di, grazie a una struttura dedicata, aiutare a trovare il posto di lavoro agli studenti sia in prossimità della fine degli studi che durante i corsi stessi con gli stage nelle aziende. Oltre il 95% alla fine del percorso hanno un lavoro entro 12 mesi e il giorno della laurea ce lo ha già il 75%».
Lei che papà è stato nell’educazione allo sport dei suoi figli? «Abbiamo cercato di lasciare ai nostri tre figli le loro le scelte ma c’era un obbligo di partenza: dovevano fare nuoto, quello di default. Poi ora ho anche 4 nipoti ma l’imprinting è stato questo. Nuoto perché è una attività che forma armonicamente il corpo e sviluppa la resistenza, la pazienza, l’attitudine a prendere e rispettare un impegno costante e fisso».