NEL SOLCO DELLA TRADIZIONE - Siamo negli anni '50, in pieno secondo dopoguerra, e le attività sono pronte a guardare al futuro.
Tra queste, una comincia a muovere i primi passi: Amedeo Ferrante, commerciante abruzzese che intuisce le potenzialità delle mischie di filati in lana avvia una piccola azienda di maglieria di famiglia.
Intorno alla metà del decennio Sessanta, Gianfranco, figlio di Amedeo, decide di trasferire la famiglia a Pescara, nuovo centro urbano in forte espansione.
Gianfranco intuisce l’importanza di operare in un contesto adatto allo sviluppo dell’azienda, mostrando una forte vocazione imprenditoriale. Crea inoltre una propria linea di maglieria, che si affianca all’attività di commercio all’ingrosso.
E così, nei primi anni '80 nasce Ferrante, e anche diventando una realtà industriale, della passata mantiene l’indiscussa matrice artigianale. Ora l’azienda è in mano ai due fratelli Amedeo ed Emiliano. Cresciuti nel solco della tradizione, ne rispettano il valore e il patrimonio. E al futuro guardano con ottimismo, perseguendo il loro credo: fondere il patrimonio di sapiente maestria artigianale che hanno ereditato e proiettandolo nel contemporaneo. Una sfida non da poco ma fondamentale da vincere, in nome della qualità e dell’affidabilità tutte italiane.
Qual è il vostro credo?
«La filosofia di base rimane quella di creare un prodotto Made In Italy attraverso la realizzazione di capi di qualità con l’impiego di materie di prima scelta e con un gusto vota- to ad una maglieria raffinata e sempre al passo con i tempi».
Qualità per vestire bene. E tradizione che incontra l’innovazione. Con attenzione all’immagine.
«La sapienza artigianale tradizionale rimane un elemento imprescindibile. È un lavoro che non si improvvisa, e che si realizza attraverso la conoscenza e il know how acquisito. Noi rimaniamo una delle poche aziende dove ciascun capo nasce e si sviluppa dalla a alla z grazie ai macchinari presenti in loco che ci consentono di testare al meglio il prodotto finale. Oggi conta la struttura, la conoscenza. Siamo il classico esempio di artigianalità industrializzata i cui principi nascono dalla sapienza, specialmente in un periodo come quello attuale dove il prodotto deve essere di qualità e durare nel tempo. Basta con gli uffici e scrivanie volanti dietro le quali non c’era nulla».
Come si sviluppa la vostra azienda?
«Io ed Emiliano ci occupiamo della creatività, produzione e della direzione commerciale. Il numero dei collaboratori interni è di 25 unità divise in Ufficio stile/prodotto – magazzino – produzione – ufficio. Controlliamo personalmente l’intero ciclo di vita delle collezioni, lavorando quotidianamente a contatto con chi disegna i capi e anche con chi li produce, per scovare le vestibilità e tendenze più attuali. Abbiamo uno show room a Milano e un altro interno all’azienda».
Quanto sono importanti le ultime tendenze del mercato in fatto di stile?
«Sono importanti e vanno seguite. Devi sapere qual è per esempio la giacca o il tessuto di riferimento perchè la tua maglia deve sposare gli altri prodotti del look. La maglia rimane comunque un accessorio e quindi va concertato in termini di colori e tendenze. Essenziale è far tue le tendenze senza perdere di vista la tua fisionomia. E’ la parte più difficile: mai snaturarsi ma essere presenti».
Un’ attenzione ai new trend che si nota anche nella vostra offerta diversificata, plasmata in base alle richieste di mercato
«Abbiamo quattro marchi aziendali: Ferrante Uomo è la linea uomo, dandy ma attuale; poi, Ferrante Donna e AF63, per un target più giovane, e infine YRS è quella per l’uomo, ma espressione di un prodotto decisamente fuori dagli schemi con con un gusto più ricercato nei fit».
Come vi ponete oggi nei confronti del mercato attuale?
«Il mercato oggi ci chiede un prodotto aggiornato e di qualità e il nostro atteggiamento è perfettamente in sintonia con le esigenze dello stesso. Al contempo cerchiamo di renderlo accessibile a tutti attraverso una politica di prezzi - di sacrificio - che possano rendere un prodotto alto alla portata di tutti. I tempi di oggi e in particolare il mercato italiano ci impongono questo tipo di politica che riusciamo a realizzare solo attraverso una snellezza dei processi ed una dinamicità e interscambiabilità dei nostri collaboratori. Oltre al fatto che noi stessi siamo sempre in prima linea. Per ciò che concerne il gusto cerchiamo, attraverso un lavoro metodico di ricerca, di essere sempre aggiornati».
Quali filati utilizzate e come avviene il processo di selezione?
«I filati vanno dal merinos ai misti cashmere ai pura lana e cashmere grazie alla collaborazione con le migliori aziende mondiali del settore. La miglior materia prima viene testata anche tramite l’impianto industriale di lavanderia e follaggio presente all’ interno della struttura oltre che dal nostro parco macchine in varie finezze. I nostri filati sono per una buona parte di collezione storici. A questi vanno aggiunti dei filati fantasia che determinano l’aspetto nuovo del visual di collezione. I modelli nascono attraverso uno studio delle tendenze, una serie interminabili di prove e messa a punto e, consentitemi un po’ di presunzione, alla sensibilità e gusto proprie unite ad una profonda attenzione di ciò che ci circonda. Poi ci mettiamo del nostro. Non è un lavoro scientifico, ma lo diventa dopo. La creazione di una collezione è come un viaggio in un bosco dove osservi e studi le cose che ti circondano prima di trovare la tua strada in una selva di sentieri. Una volta trovata, prosegui fino in fondo e tutto si contestualizza».
Qual è il vostro posizionamento?
«Oggi ci vantiamo di essere tra i pochi maglifici strutturati nel mercato italiano conosciuti come un maglificio di prodotto affidabile e di qualità. Il nostro posizionamento è medio per i prezzi e alto per i prodotti».
E per quanto riguarda la distribuzione?
«L’uomo pesa per noi per il 60% sul fatturato, il resto è della donna. Abbiamo una decina di monomarca e la nostra distribuzione oggi vanta ancora una presenza capillare sul territorio italiano, che pesa circa il 70%. Vendiamo inoltre in Europa in mercati come Spagna, Belgio, Germania. Poi Russia, Svizzera - attraverso la presenza di due monomarca a Lugano e Locarno ai quali se ne è aggiunto un terzo il mese scorso a Belinzona. Stiamo sviluppando inoltre il mercato americano e canadese. Qui bisogna muoversi con cautela, vista la profonda diversità di gusto da quello europeo».
Il mercato italiano, invece?
«Purtroppo è un mercato complicatissimo. La contrazione è ancora molto forte e gli anni sono molto difficili. Oltre al fatto che le medie imprese devono far conto solo ulle proprie capacità e risorse imprenditoriali e di sviluppo. Per ciò che concerne l’aspetto artigianale del mestiere devo con tristezza dire che si sta perdendo e questo è un grande peccato vista l’eccellenza italiana che ci ha sempre contraddistinto negli anni. Basta fare un giro nei centri produttivi dell’Italia dello sviluppo, come le tintorie comasche e i tessutai biellesi, o i ricamatori, così come le grandi aziende di confezione che davano lavoro a centinaia di persone. Ora è una desolazione, e la cosa che mi colpisce quando vedo certe cose è il silenzio. Nonostante tutto siamo fiduciosi e sempre entusiasti di metterci sempre in discussione. Questo è un lavoro fatto di creatività, di rapporti. Il bicchiere va visto sempre mezzo pieno».
Progetti futuri?
«Allargamento del mercato Italia e sviluppo dei mercati esteri attraverso la partecipazione di fiere e di uomini sul territorio. Siamo presenti sui principali social network e stiamo cercando di sviluppare questo tipo di attività nell’ assoluta certezza che sia una delle strade assolutamente percorribili e moderne nello sviluppo del marchio».