L’Address è tornato. Tolto dal listino dopo un discreto successo di vendite a cavallo tra gli anni Novanta e Duemila, Suzuki ha pensato bene di aggiornarlo rendendolo più moderno nel design e negli equipaggiamenti e di lanciarlo nuovamente sul mercato. Vista l’attuale situazione economica e i sofferenti dati di mercato, sembra essere il momento giusto per presentare questo tipo di scooter. Contenuto nel prezzo e nei consumi.
SALVADANAIO A DUE RUOTE – L’attenzione al portafoglio, da parte di chi deve comprare un mezzo a due ruote soprattutto per lavoro o per puro divertimento, oggi è molto alta e l’Address sembra essere stato costruito apposta. Il nuovo 110 Suzuki strizza l’occhio ai lavoratori da tragitto casa-ufficio, alle donne in cerca di uno scooter leggero, veloce e facile da manovrare e ai giovani desiderosi di autonomia e libertà ma che devono fare anche i conti con la “paghetta”. Proprio a questi ultimi, Suzuki sta dedicando una campagna ad hoc, caratterizzata dalla presenza nelle maggiori università italiane di desk informativi attraverso cui è possibile prenotare un test ride. Magari in sella all’Address personalizzato con i colori del Team Suzuki MotoGp...
CONSUMI DA RECORD - I rivali dell’Address 110, che costa 1.899 euro (1.999 con bauletto da 30 litri e poggiaschiena) sono lo Yamaha D’elight da 114 cc (1.990 euro) e l’Honda Vision 110 (2.050 euro). Analizzando prezzi e dati, il Suzuki sembra in linea con i concorrenti. I consumi, verificati da noi durante la prova, parlano di 51 km percorsi con un litro di benzina. Considerando il serbatoio da 5,2 litri, questi numeri si traducono in 260 km di autonomia con meno di 9 euro di spesa. Non male davvero.
CHE SOTTOSELLA – Il design è piuttosto classico, in linea con le scelte Suzuki riservate agli scooter destinati al mercato europeo. Filante e leggero, sull’anteriore è caratterizzato dalla presenza del grande faro nella zona del manubrio e dalle frecce incassate nelle plastiche dello scudo. Dietro al gruppo ottico c’è una strumentazione piuttosto semplice ma facile ed intuitiva da leggere. La colorazione (due in gamma, grigio e bianco) evidenzia la parte superiore mentre sotto è il nero dei cerchi a cinque razze, dello scarico e della pedana a farla da padrone. A proposito di quest’ultima, da segnalare la conformazione interamente piatta, utile per caricare buste della spesa da fissare al pratico gancio oppure una cassa d’acqua. La sella, ampia e comoda anche in due e piuttosto rastremata, nasconde nel vano uno spazio da scooter di segmento superiore: dentro, infatti, è possibile riporre un casco integrale e anche altri piccoli oggetti. Sui fianchetti laterali, inoltre, è fissato il pratico portapacchi disponibile di serie.
LE MANOPOLE SI RISCALDANO – Tra gli accessori disponibili a richiesta, ecco un utile parabrezza (di serie, l’Address ne è privo), gli adesivi di derivazione “racing”, il bauletto da 30 litri ma anche le manopole riscaldabili e i paramani, diventati ormai quasi fondamentali nella guida invernale.
Il vano sottosella può contenere un casco integrale
SU STRADA E’ UN BUON COMPROMESSO – L’Address pesa solo 97 kg e appena saliti in sella si sente subito che è una piuma. L’altezza da terra in seduta è piuttosto limitata (755 mm) e sorprende l’ampio raggio di sterzata che consente manovre da fermo da fare invidia ad una bici da passeggio. Lo spazio per le gambe, grazie alla pedana piatta, è piuttosto buono anche se i guidatori più alti di un metro e ottanta avranno bisogno di qualche km per prendere le giuste misure.
Il motore 4T da 113 cv alimentato ad iniezione elettronica, rispettoso delle normative Euro3 e capace di una potenza di 9 cv è l’ideale per la guida metropolitana. La sede del test era Torino, che con i suoi sampietrini, con le rotaie del tram, con il pavè e con il traffico di una grande città è stata la location perfetta per mettere alla frusta l’Address. Lui, rapido, veloce e leggero, ha risposto bene all’esame.
Per essere un motore di queste dimensioni e di queste caratteristiche, si è rivelato pronto al comando del gas sia al semaforo sia in allungo. Più in difficoltà è andato quando la pendenza delle strade ha iniziato a farsi sentire (come nelle salite in direzione di Superga) dove però, nonostante il rallentamento, non ha dato nessun cenno di cedimento. Anzi, trovato il giusto numero di giri, tra i tornanti di collina ha rivelato anche un sorprendente lato “sportivo” grazie ad un buon grip garantito dalle ruote da 14” e da pneumatici affidabili.
Contrastanti le sensazioni per quanto riguarda la ciclistica: la forcella telescopica all’inizio è sembrata un po’ morbida ma con il passare dei chilometri si è rivelata efficace e capace di un buon lavoro mentre il mono, comunque regolabile, ci è sembrato troppo duro. Discorso inverso per l’impianto frenante: ci ha convinto il posteriore (ma occhio a tirarlo troppo e troppo in fretta, perché si rischia il bloccaggio) mentre il disco singolo anteriore non è sembrato all’altezza. Da segnalare una “chicca”, ovvero il blocco della leva del freno che, azionato, consente di parcheggiare in tutta tranquillità anche in salita.