MotoGp, Valentino Rossi in pole ed è Mugiallo

Rossi: «mi mancava da troppo tempo e nel giro di rientro ho salutato tutti i tifosi, quasi uno per uno»
MotoGp, Valentino Rossi in pole ed è Mugiallo© LAPRESSE

Valentino Premier. L’uomo dei sogni delle due ruote si mette in testa un casco tricolore e un’idea meravigliosa per unire l’Italia tutta. E lo fa a modo suo, in fretta. Anzi a tempo di record, mettendo insieme concetti che sembrano opposti come la velocità e l’anzianità. Obsoleti finanche in questo Paese che ci ha messo 88 giorni per mettere insieme una squadra in grado di guidarlo. Valentino Rossi invece si riprende in mano quello della MotoGP dove da troppo tempo governa il rosso (leggi Marc Marquez, più che Andrea Dovizioso ahinoi) e lo fa con una pole inattesa («da me per primo» ammette) e allo stesso tempo attesa.

«Da troppo tempo non ci riuscivo e farlo qui al Mugello è ancora più speciale» commenta Valentino appena tornato ai box molto lentamente tra cinque, pacche sulle spalle, urla e fumogeni gialli dopo il giro clamoroso a 177.7 orari di media che anche se per appena 35 millesimi su Jorge Lorenzo e 96 su Maverick Viñales (toh, la Yamaha del prossimo anno…) gli e ci regala un 1’46”208 che rappresenta il primato di questa pista abbarbicata sulle colline toscane che per tanti anni è stato il suo terreno di caccia preferito (9 successi, sette consecutivi in MotoGP tra il 2002 e 2008) prima che sfighe (pioggia sul più bello nel 2009, un brutto infortunio nel 2010, un motore andato in fumo nel 2016) e scelte sbagliate (il biennio in Ducati) lo trasformassero più in una specie di casa degli orrori da luna park, con dieci anni d’astinenza che vuole interrompere oggi, partendo dalla prima casella della griglia, posizione che non centrava da quasi due anni (Motegi 2016) e che a 39 anni 3 mesi e 16 giorni gli regala l’ennesimo primato, quello di anzianità al “palo”, battendo di nove mesi il nordirlandese Jeremy McWilliams (Phillip Island 2002) e ripetendo 22 anni dopo il primo sé stesso: Brno 1997, il GP anche della prima vittoria.

«Andare piano piano e salutare tutti, quasi uno ad uno, nel giro di rientro è stato veramente bello. Me lo sono proprio voluto godere, anche perché non so quante altre pole farò da qui a quando smetterò, specie qui al Mugello…» se la ride Valentino, che ovviamente gioca sulla sua ormai veneranda età sportiva, rimostrando perché non è ancora sul divano in pantofole. «Ho fatto altri due anni di contratto proprio per godermi questi momenti. Sono il motivo per cui sono ancora qua. Sì, mi sono sentito dieci anni in meno». Gli stessi da quando lo danno per bollito, salvo doversi rimangiare tutto di fronte le sue imprese. «A quelli che mi danno del vecchio penso soprattutto quando vado male, perché mi domando se magari hanno ragione. Invece quando vado bene come qui sono contento e i miei pensieri sono positivi».

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Da capopopolo, un condottiero con il casco tricolore da seguire con un’indomabile fede, basa sui fatti più che sui programmi. Numeri in crescita, come lo spread. Con la semplicità di chi apre il gas e guida una moto come un dio. La stessa che mette nell’atteso e immancabile casco celebrativo per il GP d’Italia, forse il più semplice ma anche efficace, col sole e la luna (il suo simbolo da sempre) colorati di bianco in mezzo al tricolore, la sigla ITA sulla nuca e sopra le parole “Viva l’Italia, l’Italia tutta intera”. La canzone di Francesco De Gregori che dice anche l’Italia che lavora (come sportivamente e umilmente lui, purtroppo non come la maggior parte dei giovani del Bel Paese), anche se Rossi evita di calcare la mano e cadere su delicate tematiche politiche proprio in coincidenza con la Festa della Repubblica («che fosse il 2 giugno ci siamo accorti dopo…» ammette). Ma è indubbio che la situazione ci riporta indietro al Ginettone Bartali che vincendo il Tour del France del 1948 salvò l’Italia frantumata da una guerra civile.

«Lo sport serva a quello» ha detto Valentino giovedì, nel giorno dedicato alle parole pre-GP. Adesso ha messo in pista i fatti, appunto. E vuole trasformarli nell’obiettivo più voluto: la vittoria, la 116ª. «Sarà dura, perché le due Ducati vanno forte. E pure Marquez, ma anche Petrucci e Iannone. Non saprei davvero dire il più pericoloso. L’importante sarà essere lì dall’inizio alla fine per provarci». In mezzo a un Mugello di nuovo Mugiallo, con centomila in arrivo. Una chiamata al voto. «Magari con la mia pole quelli che erano un po’ indecisi verranno. Comunque mi aspetto una grande atmosfera. La gara sarà difficile, ma darò il massimo per salire sul podio».

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Valentino Premier. L’uomo dei sogni delle due ruote si mette in testa un casco tricolore e un’idea meravigliosa per unire l’Italia tutta. E lo fa a modo suo, in fretta. Anzi a tempo di record, mettendo insieme concetti che sembrano opposti come la velocità e l’anzianità. Obsoleti finanche in questo Paese che ci ha messo 88 giorni per mettere insieme una squadra in grado di guidarlo. Valentino Rossi invece si riprende in mano quello della MotoGP dove da troppo tempo governa il rosso (leggi Marc Marquez, più che Andrea Dovizioso ahinoi) e lo fa con una pole inattesa («da me per primo» ammette) e allo stesso tempo attesa.

«Da troppo tempo non ci riuscivo e farlo qui al Mugello è ancora più speciale» commenta Valentino appena tornato ai box molto lentamente tra cinque, pacche sulle spalle, urla e fumogeni gialli dopo il giro clamoroso a 177.7 orari di media che anche se per appena 35 millesimi su Jorge Lorenzo e 96 su Maverick Viñales (toh, la Yamaha del prossimo anno…) gli e ci regala un 1’46”208 che rappresenta il primato di questa pista abbarbicata sulle colline toscane che per tanti anni è stato il suo terreno di caccia preferito (9 successi, sette consecutivi in MotoGP tra il 2002 e 2008) prima che sfighe (pioggia sul più bello nel 2009, un brutto infortunio nel 2010, un motore andato in fumo nel 2016) e scelte sbagliate (il biennio in Ducati) lo trasformassero più in una specie di casa degli orrori da luna park, con dieci anni d’astinenza che vuole interrompere oggi, partendo dalla prima casella della griglia, posizione che non centrava da quasi due anni (Motegi 2016) e che a 39 anni 3 mesi e 16 giorni gli regala l’ennesimo primato, quello di anzianità al “palo”, battendo di nove mesi il nordirlandese Jeremy McWilliams (Phillip Island 2002) e ripetendo 22 anni dopo il primo sé stesso: Brno 1997, il GP anche della prima vittoria.

«Andare piano piano e salutare tutti, quasi uno ad uno, nel giro di rientro è stato veramente bello. Me lo sono proprio voluto godere, anche perché non so quante altre pole farò da qui a quando smetterò, specie qui al Mugello…» se la ride Valentino, che ovviamente gioca sulla sua ormai veneranda età sportiva, rimostrando perché non è ancora sul divano in pantofole. «Ho fatto altri due anni di contratto proprio per godermi questi momenti. Sono il motivo per cui sono ancora qua. Sì, mi sono sentito dieci anni in meno». Gli stessi da quando lo danno per bollito, salvo doversi rimangiare tutto di fronte le sue imprese. «A quelli che mi danno del vecchio penso soprattutto quando vado male, perché mi domando se magari hanno ragione. Invece quando vado bene come qui sono contento e i miei pensieri sono positivi».

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