ROMA - Detroit è un film doloroso. Per l'argomento trattato, per le scene di pestaggi cruenti e anche per la scelta della regista, Kathryn Bigelow, di affidarsi come sempre a riprese nervose, quasi mai fisse, documentaristiche. Però Detroit è un film necessario, soprattutto visto il clima che si respira negli Stati Uniti e non solo.
LA TRAMA - La storia è ispirata alle sanguinose rivolte che sconvolsero Detroit nel 1967. Tra le strade della città si consumò un vero e proprio massacro ad opera della polizia, in cui persero la vita tre afroamericani e centinaia di persone restarono gravemente ferite. La rivolta successiva portò a disordini senza precedenti costringendo così, ad una presa di coscienza su quanto accaduto durante quell’ignobile giorno di cinquant’anni fa. Il nuovo film della regista Premio Oscar Kathryn Bigelow (Point Break, Strange Days, The Hurt Locker, Zero Dark Thirty), trascina lo spettatore in uno degli episodi più sanguinosi della moderna storia americana che però riporta a un presente quantomai attuale.
LA VIRTU' STA NEL CENTRO - Il film mostra la sua parte migliore nel segmento centrale, quello in cui viene raccontata la terribile notte al Motel Algiers, in cui due ragazzi di colore furono uccisi da poliziotti razzisti (anche se questa verità non è mai stata confermata in tribunale). Lì il talento della regista nel catapultare lo spettatore al centro della scena emerge in modo massiccio e raggiunge il suo scopo. Sembra quasi di sentire l'odore delle stanze, il terreno scricchiolante sotto i piedi. Ed è impossibile non provare indignazione profonda per quello a cui si assiste, per quello che si "vive". Il film poi si dilunga negli avvenimenti successivi e perde quella forza dirompente e quel ritmo che l'avevano sostenuto fino a quel momento. Bravissimi tutti gli attori, dal cattivissimo Will Poulter a John Boyega, già visto in Star Wars. Ma funzionano alla grande anche tutti gli altri: Hanna Murray, Jack Reynor, Ben O'Toole e Anthony Mackie. Il film sarà al cinema dal 23 novembre.