Pioli a fine Milan, svolta in panchina: Ibra pensa a un nome clamoroso

L’uscita dall’Europa League ha fatto svanire anche l’ultimo obiettivo di stagione dei rossoneri: l’eliminazione spingerà la società al cambio

MILANO - Questa volta sarà difficile ribaltare il destino come ha fatto già tantissime volte da quando, fin dal 9 ottobre 2019, assunse i gradi di allenatore del Milan fra lo scetticismo della stragrande maggioranza dei tifosi. Stefano Pioli al momento di raccogliere i “punti” necessari per la conferma sulla panchina rossonera anche nella stagione 2024-25, come da contratto in essere, e scacciare definitivamente i fantasmi dell’hashtag #PioliOut, ha visto sgretolarsi tutto il castello intorno a sé. Il doppio confronto in Europa League con la Roma doveva certificare i progressi mostrati dal Milan nel primo terzo di 2024 - 19 partite disputate fra gennaio e inizio aprile, 14 vittorie, 2 pareggi e 3 sconfitte, solamente una decisiva (quella con l’Atalanta nei quarti di Coppa Italia) -, invece contro i giallorossi sono arrivati due ko... tecnici, inframezzati dalla disarmante prova di Reggio Emilia col Sassuolo. Il Milan è caduto male e Pioli ha perso pure il confronto tattico contro il giovane collega Daniele De Rossi.

Cardinale insoddisfatto

Centottanta minuti che hanno cambiato completamente il meteo sulla testa dell’allenatore emiliano, confermato pubblicamente più volte nelle scorse settimane dal presidente Scaroni, dall’ad Furlani e pure da Ibrahimovic. Nessuno di loro, però, ha parlato dopo la sconfitta dell’Olimpico o si è presentato ieri mattina a Milanello. Alla ripresa degli allenamenti dopo l’eliminazione europea, Pioli è stato lasciato da solo: Furlani era in ufficio, Ibrahimovic non si è palesato e Moncada ha seguito la Primavera a Nyon per la semifinale di Youth League. Un segnale certamente non positivo per il tecnico che nella notte romana, all’ennesima domanda sul suo futuro, ha fatto capire come lui per primo si aspetti ormai un determinato epilogo: «Portate pazienza fino alla fine del campionato, poi tireremo le somme io e la società e affronteremo il discorso». Gerry Cardinale all’Olimpico non c’era, ma aveva lasciato Milano non soddisfatto dopo la partita di andata, lo stesso sentimento che aveva già manifestato in un paio di circostanze quando aveva parlato dell’annata rossonera.

Pioli, Roma fatale

Il duello con la Roma doveva portare il Milan a ridosso della finale di Europa League, un trofeo mai vinto dal club rossonero e che quest’anno poteva rappresentare un’ancora a cui aggrapparsi per ritenere positiva la stagione. L’eliminazione sarebbe stata accettata in semifinale contro l’ottimo Bayer Leverkusen, così come sarebbe stata digerita un’eventuale sconfitta in finale contro il Liverpool, ma uscire con la Roma, già battuta due volte in campionato e distante 14 punti in classifica, quello non può passare sottotraccia, soprattutto nel modo in cui si è consumata, con prove confuse e senz’anima. E così può assumere un valore differente anche il derby di lunedì. Nel senso che, superando la Roma in Europa, Pioli avrebbe avuto poi un altro ostacolo da dribblare, ovvero evitare di perdere la sesta gara di fila contro l'Inter e permettere così ai nerazzurri di festeggiare lo scudetto in casa del Diavolo. Il ko con la Roma ha già scavato un solco sul destino del tecnico e la sensazione è che neanche una grande prova contro l'Inter - e a Torino contro la Juventus la settimana successiva, una sfida decisiva per conservare il secondo posto in classifica - possa cambiare le valutazioni.

Milan-Inter, curiosità e statistiche

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Inter e poi Juve, Pioli rischia l'esonero?

Valutazioni oggi per lo più negative, non solo per gli obiettivi falliti. Dai tanti infortuni avuti principalmente in autunno, a una fase difensiva ballerina (57 gol incassati in 46 gare), seppur condizionata dalla costruzione sul mercato di una squadra con caratteristiche - soprattutto a centrocampo - molto offensive. Il Milan ha perso 11 partite in stagione, praticamente una ogni quattro disputate: troppe, come gli approcci molli in tanti confronti, molti decisivi. Per non parlare di alcune scelte tecnico-tattiche di Pioli che spesso ha azzardato - vedi a Roma con Musah esterno, Calabria in mediana e Chukwueze in panchina -, senza ottenere in cambio prestazioni all'altezza, ma piuttosto confusionarie. E se dovessero arrivare due ko con Inter e Juventus, Pioli rischierebbe l'esonero? Considerata la classifica in Serie A e la stima della società, l'ipotesi è - oggi - da escludere.

Chi arriva sulla panchina del Milan

Se non ci saranno nuovi scossoni - in un verso, ma pure nell’altro -, l’avventura in rossonero di Stefano Pioli si interromperà dopo 240 partite (oggi è a 234, mancano sei gare di A). Una fine triste, per come si sta incanalando, dopo una bella storia di cinque anni culminata con uno scudetto da outsider. La società avrebbe voluto confermarlo: al di là delle dichiarazioni dei vari Furlani, Scaroni e Ibrahimovic, c'era la volontà di continuare con Pioli, con o senza rinnovo di contratto, e valutare nel corso della prossima stagione che cosa fare. In fondo i risultati da metà dicembre a marzo avevano rafforzato questa ipotesi, poi sono arrivati questi ultimi dieci giorni e tutto è crollato. Adesso la dirigenza dovrà riaprire un file che probabilmente non era mai stato del tutto archiviato. Sì, ci sono stati contatti, sondaggi, proposte ricevute, ma, come detto, l’idea di fondo era quella di proseguire con Pioli. La domanda, a cui è difficilissimo rispondere oggi, è quindi una: chi arriverà al posto del tecnico emiliano?

La pista Conte

I tifosi rossoneri hanno scelto il loro “condottiero” da mesi: Antonio Conte. Il club, però, oltre ad aver smentito seccamente nei mesi scorsi i rumor che erano emersi - Ibra su tutti -, ha (aveva?) delle riserve. Non sul valore del tecnico, ovviamente, un leader, un vincente, un valorizzatore di giocatori, ma sulle difficoltà che potrebbero nascere con l’ingresso di un personaggio di grande personalità, dalle richieste spesso importanti, di ingaggio e sul mercato. Quanto accaduto nell'ultimo periodo, compreso lo scarso temperamento mostrato da gran parte del gruppo rossonero, però, potrebbe spingere il club a rivedere la propria posizione su Conte e aprire un canale visto che l’allenatore salentino, nel mirino del Napoli, è ancora libero.

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I nomi del dopo Pioli

Detto ciò, sembrano altri i profili preferiti dal Milan. In primis Thiago Motta: anzi, a fine 2023 l’italo-brasiliano era il primo della lista. Poi però il Milan ha mollato la presa e oggi il tecnico del Bologna è finito in orbita Juventus: niente di definitivo, ma il club rossonero insegue. Chiaramente piace Roberto De Zerbi, ma il tecnico del Brighton sembra intenzionato a voler rimanere in Premier. Piuttosto resta calda la candidatura di Julen Lopetegui, 57enne spagnolo, ex guida di Spagna, Real Madrid e Siviglia. Con i Blancos non è andata bene, così come al Wolverhampton, l’ultima sua esperienza in panchina. Ci sono stati diversi contatti, la sensazione è che il profilo rientri fra quelli ricercati dal Milan, ma non sia piaciuto il fatto che Lopetegui a febbraio abbia fatto emergere questa possibilità tramite media spagnoli. A inizio anno è stato proposto da intermediari anche l’ex allenatore della Roma, Paulo Fonseca, oggi al Lille. E in Francia allena Francesco Farioli del Nizza: ex assistente di De Zerbi, Farioli fa parte di una lista di giovani italiani che sono monitorati, come Raffaele Palladino e Alberto Gilardino. Tra le opzioni valutate nei mesi scorsi Marco Rose anche se ha ancora un anno di contratto col Lipsia, e Marcelo Gallardo, oggi all'Al-Ittihad.

Ibra pensa a Van Bommel

Ultimo, ma non è detto che sia in fondo alla lista, Marc Van Bommel. L’olandese la scorsa stagione ha vinto il campionato belga con l’Anversa. In quest’annata ha finito al terzo posto la regular season, però ha iniziato male la poule scudetto con tre sconfitte. Van Bommel è stato compagno di Ibrahimovic - assistito come lui da Mino Raiola -, il colpo di mercato del Milan nel gennaio 2011 decisivo per lo scudetto di quell’ anno (fu lo svedese a indicarlo ad Adriano Galliani). Conosce l’ambiente e non avrebbe timori con la pressione del calcio italiano.

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MILANO - Questa volta sarà difficile ribaltare il destino come ha fatto già tantissime volte da quando, fin dal 9 ottobre 2019, assunse i gradi di allenatore del Milan fra lo scetticismo della stragrande maggioranza dei tifosi. Stefano Pioli al momento di raccogliere i “punti” necessari per la conferma sulla panchina rossonera anche nella stagione 2024-25, come da contratto in essere, e scacciare definitivamente i fantasmi dell’hashtag #PioliOut, ha visto sgretolarsi tutto il castello intorno a sé. Il doppio confronto in Europa League con la Roma doveva certificare i progressi mostrati dal Milan nel primo terzo di 2024 - 19 partite disputate fra gennaio e inizio aprile, 14 vittorie, 2 pareggi e 3 sconfitte, solamente una decisiva (quella con l’Atalanta nei quarti di Coppa Italia) -, invece contro i giallorossi sono arrivati due ko... tecnici, inframezzati dalla disarmante prova di Reggio Emilia col Sassuolo. Il Milan è caduto male e Pioli ha perso pure il confronto tattico contro il giovane collega Daniele De Rossi.

Cardinale insoddisfatto

Centottanta minuti che hanno cambiato completamente il meteo sulla testa dell’allenatore emiliano, confermato pubblicamente più volte nelle scorse settimane dal presidente Scaroni, dall’ad Furlani e pure da Ibrahimovic. Nessuno di loro, però, ha parlato dopo la sconfitta dell’Olimpico o si è presentato ieri mattina a Milanello. Alla ripresa degli allenamenti dopo l’eliminazione europea, Pioli è stato lasciato da solo: Furlani era in ufficio, Ibrahimovic non si è palesato e Moncada ha seguito la Primavera a Nyon per la semifinale di Youth League. Un segnale certamente non positivo per il tecnico che nella notte romana, all’ennesima domanda sul suo futuro, ha fatto capire come lui per primo si aspetti ormai un determinato epilogo: «Portate pazienza fino alla fine del campionato, poi tireremo le somme io e la società e affronteremo il discorso». Gerry Cardinale all’Olimpico non c’era, ma aveva lasciato Milano non soddisfatto dopo la partita di andata, lo stesso sentimento che aveva già manifestato in un paio di circostanze quando aveva parlato dell’annata rossonera.

Pioli, Roma fatale

Il duello con la Roma doveva portare il Milan a ridosso della finale di Europa League, un trofeo mai vinto dal club rossonero e che quest’anno poteva rappresentare un’ancora a cui aggrapparsi per ritenere positiva la stagione. L’eliminazione sarebbe stata accettata in semifinale contro l’ottimo Bayer Leverkusen, così come sarebbe stata digerita un’eventuale sconfitta in finale contro il Liverpool, ma uscire con la Roma, già battuta due volte in campionato e distante 14 punti in classifica, quello non può passare sottotraccia, soprattutto nel modo in cui si è consumata, con prove confuse e senz’anima. E così può assumere un valore differente anche il derby di lunedì. Nel senso che, superando la Roma in Europa, Pioli avrebbe avuto poi un altro ostacolo da dribblare, ovvero evitare di perdere la sesta gara di fila contro l'Inter e permettere così ai nerazzurri di festeggiare lo scudetto in casa del Diavolo. Il ko con la Roma ha già scavato un solco sul destino del tecnico e la sensazione è che neanche una grande prova contro l'Inter - e a Torino contro la Juventus la settimana successiva, una sfida decisiva per conservare il secondo posto in classifica - possa cambiare le valutazioni.

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