TORINO - "Il calcio in tv lo guardo tutto, e un divertimento così per la serie A non lo ricordo: quando ieri seguivo Real-Barca, dall'Italia i miei ex compagni mi chiamavano, 'che partita...''". Qualche giorno dopo aver giocato - e perso - la finale dell'Europeo U.21 contro la Spagna, Fausto Rossi ha scelto di lasciare il campionato italiano per la Liga. Ora forse qualcuno dei suoi ex compagni lo invidia, e non solo perchè un suo gol di due settimane fa ha permesso al Valladolid di sconfiggere il Barcellona. "Non ho rimpianti" dice l'emigrante del pallone, un signor Rossi che nel calcio di casa sgomitava per un piccolo posto al sole nonostante i successi con i baby Juve, poi è diventato l'unico italiano di Spagna (almeno fino a gennaio, quando l'ha raggiunto Longo). "Qui il calcio è divertimento, gioia: si intende come spettacolo. E non dico solo per gli stadi e quei bambini che ti aspettano fuori dagli spogliatoi - racconta al telefono con l'Ansa, all'indomani del Clasico che ha incantato tutta Europa - L'ultimo Juve-Inter finito 4-3, con tante emozioni, credo risalga agli anni '80".
L'ESPERIENZA - Rossi, in prestito dalla Juve al club spagnolo con diritto di riscatto, non è di quelli che sputa nel piatto che lo ha cresciuto ("ogni calcio ha i suoi pregi"). Ma vista da dentro, la differenza tra Liga e serie A appare ancora più macroscopica. "E per uno innamorato di calcio come me, che gioca non per professione ma per passione, il campionato spagnolo è veramente il massimo". "C'è un divario tecnico, ma non è incolmabile. Ci sono campioni, e quello degli investimenti è un problema. Ma il vero salto - spiega Rossi - lo fai con la mentalità. E l'allenamento. Qui ci si prepara tutta la settimana a un calcio d'altro tipo, di altro ritmo. Si lavora molto sul possesso palla, prima in spazi stretti, poi via via in spazi sempre più ampi. E quando il pallone lo hai tra i piedi, ti riposi e lo fai circolare. Ma appena perdi palla, scatta l'allarme: in 3 o 4 vanno subito a far pressione, perchè il pallone va ripreso".
DIVERSITA' - C'è insomma qualcosa di molto infantile in questa 'superiorità tecnica', della serie il pallone è mio. Altro che tatticismi. "E non credete - ricorda l'ex azzurrino - a chi dice che il livello del calcio spagnolo, tolte Real e Barca, è più basso: in Europa League, Valencia e Siviglia sono dentro, dell'Italia resta solo la Juve. Tra parentesi, l'unica ad avere quello stesso tipo di mentalità: campioni che si allenano a quei ritmi durante tutta la settimana. Poi magari reggere quell'intensità sui 90' è più difficile, in Champions". Oggi non chiude a un ritorno al campionato italiano, "ma se il mio percorso di crescita qui dovesse proseguire, non mi dispiacerebbe: lo consiglio a tutti i giovani. Il calcio italiano si è adagiato sui suoi successi". Il rischio è quello della fuga dei piedi buoni. "Succede con i ragazzi, gli studenti, perchè non dovrebbe essere così anche per il calcio? Donati, Borini, Santon, Verratti, il sottoscritto...Guardate che questa fuga c'è già. Vorrà dire qualcosa che un nostro pari età spagnolo ha 100 partite di campionato nelle gambe, e noi solo poche decine. Ripeto, per me il ritardo del calcio italiano è colmabile, ma non c'è dubbio che per un tifoso il divertimento è molto diverso. E se devo ricordare l'ultima di A divertente in tv, penso...penso...".
© RIPRODUZIONE RISERVATAL'ESPERIENZA - Rossi, in prestito dalla Juve al club spagnolo con diritto di riscatto, non è di quelli che sputa nel piatto che lo ha cresciuto ("ogni calcio ha i suoi pregi"). Ma vista da dentro, la differenza tra Liga e serie A appare ancora più macroscopica. "E per uno innamorato di calcio come me, che gioca non per professione ma per passione, il campionato spagnolo è veramente il massimo". "C'è un divario tecnico, ma non è incolmabile. Ci sono campioni, e quello degli investimenti è un problema. Ma il vero salto - spiega Rossi - lo fai con la mentalità. E l'allenamento. Qui ci si prepara tutta la settimana a un calcio d'altro tipo, di altro ritmo. Si lavora molto sul possesso palla, prima in spazi stretti, poi via via in spazi sempre più ampi. E quando il pallone lo hai tra i piedi, ti riposi e lo fai circolare. Ma appena perdi palla, scatta l'allarme: in 3 o 4 vanno subito a far pressione, perchè il pallone va ripreso".
DIVERSITA' - C'è insomma qualcosa di molto infantile in questa 'superiorità tecnica', della serie il pallone è mio. Altro che tatticismi. "E non credete - ricorda l'ex azzurrino - a chi dice che il livello del calcio spagnolo, tolte Real e Barca, è più basso: in Europa League, Valencia e Siviglia sono dentro, dell'Italia resta solo la Juve. Tra parentesi, l'unica ad avere quello stesso tipo di mentalità: campioni che si allenano a quei ritmi durante tutta la settimana. Poi magari reggere quell'intensità sui 90' è più difficile, in Champions". Oggi non chiude a un ritorno al campionato italiano, "ma se il mio percorso di crescita qui dovesse proseguire, non mi dispiacerebbe: lo consiglio a tutti i giovani. Il calcio italiano si è adagiato sui suoi successi". Il rischio è quello della fuga dei piedi buoni. "Succede con i ragazzi, gli studenti, perchè non dovrebbe essere così anche per il calcio? Donati, Borini, Santon, Verratti, il sottoscritto...Guardate che questa fuga c'è già. Vorrà dire qualcosa che un nostro pari età spagnolo ha 100 partite di campionato nelle gambe, e noi solo poche decine. Ripeto, per me il ritardo del calcio italiano è colmabile, ma non c'è dubbio che per un tifoso il divertimento è molto diverso. E se devo ricordare l'ultima di A divertente in tv, penso...penso...".