TORINO - Da anni Andrea Agnelli ripete agli azionisti nelle occasioni ufficiali (lettere di fine esercizio e discorsi alle assemblee) che il salto di qualità della Juve avverrà quando il club crescerà esponenzialmente nel reparto commerciale: ovvero nella capacità di raccogliere redditizie sponsorizzazioni nel mondo. I modelli? Il Manchester United, che ha inventato - tra l’altro - le sponsorizzazioni regionali, e il Bayern, top club in questo singolo aspetto. Lo United è il precursore di strategie di marketing su scala globale e, più in generale, di un business model strutturato, degno di un’azienda corporate, applicato all’industria calcistica. United che ha continuato a crescere in anni in cui le vittorie dell'era Ferguson sono venute meno, fino ad arrivare nel 2015-16 alla cifra record di 363 milioni di ricavi da sponsorizzazioni. Record assoluto, prima della flessione dell'ultimo anno. Il picco? 63 accordi commerciali a inizio 2017, di cui 25 globali, 14 locali nel settore dei servizi finanziari attivi in 21 nazioni, 13 media partner in 15 Paesi e 11 locali su varie merceologie. Nel frattempo il Bayern è balzato al comando: 343 milioni di ricavi, aiutati (e noi arranchiamo) dagli sforzi di sistema della Bundesliga, sempre più legata ai mercati asiatici a partire dalla Cina, dove è il secondo campionato più seguito dopo la Premier. L'affare Ronaldo è la scelta di peso di una proprietà che sa che, per raccogliere, bisogna seminare. Ovvero: per incassare bisogna prima investire. Ora che la Juve ha una nuova identità (il nuovo logo) è tempo di affiancarla ad una immagine vincente.