Trecentosettanta giorni senza vincere una partita ufficiale sono stati lunghi da passare per la Nazionale, ma, finalmente, il successo è arrivato ed è arrivato nel momento più delicato per Roberto Mancini. Come aveva sottolineato il ct, perdere in Polonia non sarebbe stato un dramma - sportivo, s’intende, poiché i drammi veri sono altri - ma avrebbe maledettamente complicato il cammino del tecnico, chiamato a rifondare l’Italia. Il colpo di Chorzow, invece, può segnare una svolta molto importante. Se decisiva, lo capiremo in novembre, affrontando il Portogallo. Ciò che conta, è avere scelto una squadra, un modulo, undici interpreti su cui puntare. Fra i quali, la prima citazione spetta a Cristiano Biraghi, 26 anni, difensore della Fiorentina alla terza presenza azzurra, la cui dedica a Davide Astori è stata commovente e ha colpito tutti.
La prova è stato di inusitata bellezza, considerati gli stenti e le difficoltà cui la Nazionale ci aveva abituato nell’ultimo anno. I segnali di miglioramento lanciati a Genova, nella frazione iniziale del test con l’Ucraina, a Chorzow si sono trasformati in manifesta superiorità territoriale dalla quale sono scaturite undici occasioni da gol e le traverse di Jorginho e Insigne. La manovra dell’Italia è stata subito fluida; la difesa non ha mai sofferto né Lewandowski né Milik; Jorginho e Barella hanno orchestrato il centrocampo con efficacia e, finalmente, Verratti ha giocato in Nazionale come gioca nel Psg; Insigne, Bernardeschi e Chiesa hanno ingranato alla grande e, quando c’è stato bisogno di bloccare i polacchi, ci ha pensato Donnarumma, in splendida forma. All’intervallo, il possesso palla del 68% ha legittimato la soddisfazione di Mancini. Che rischiava di trasformarsi in frustrazione nella ripresa, quando gli azzurri hanno giocato ancora bene, ma, sino al 92’, non c’è stato verso di segnare a Szczesny. Alla fine, però, ha avuto ragione Mancini, inserendo non Immobile, ma Lasagna, undicesimo debuttante della sua gestione, il cui tocco ha mandato in gol Biraghi. Complimenti al ct: chi la dura, la vince. Ora si tratta di insistere. La strada è tracciata. La gioia esplosa al fischio finale e l’abbraccio collettivo possono essere un propellente formidabile per il futuro. Ieri sera, l’Italia è stata finalmente una squadra. Nel nome di Astori.