MILANO E’ Roberto Mancini il nome forte per raccogliere l’eredità di Antonio Conte in azzurro. La Federcalcio, grazie all’apporto dello sponsor tecnico (Puma), ha un budget da 4,5 milioni - bonus inclusi - per l’ingaggio del commissario tecnico e questo fa sì che possa garantirsi il meglio che può offrire il mercato. E Mancini, per caratteristiche, rappresenta il candidato ideale per affrontare la spedizione mondiale in Russia. Un obiettivo, quello di allenare l’Italia, che ha sempre affascinato il tecnico. Mancini ha più volte definito il ruolo di ct in modo alquanto lusinghiero («L’Italia è l’Italia, allenare la Nazionale sarebbe un onore») e forse anche per questo il Mancio, da allenatore “di partito”, è diventato un manager che si fa scivolare addosso le italiche polemiche: agli osservatori non è sfuggito per esempio come, nella sua seconda avventura all’Inter, Mancini non abbia mai trattato il tema Calciopoli ma, al contrario, abbia sempre mantenuto un altissimo profilo anche nei confronti delle rivali storiche (Milan e Juve in primis). Mancini in più, grazie a una formidabile carriera prima da calciatore quindi da allenatore, è amato in molte piazze come lo sarebbero pochi allenatori, il che - ovviamente - è un altro buon motivo per far sì che sia il preferito tra i papabili alla sostituzione di Conte. Però, a oggi, Mancini siede sulla panchina dell’Inter, club con cui è legato da un contratto fino al giugno 2017 avendo peraltro già ottenuto da Erick Thohir la conferma per la stagione che verrà. Quando, tra l’altro, il Mancio sarà a scadenza. Però, come peraltro spiegato pure venerdì dall’interessato, non è importante rinnovare per tempo il contratto (Mancini non sarebbe spaventato dall’idea di lavorare con un contratto in scadenza), bensì il progetto che Erick Thohir gli proporrà per l’Inter che verrà. Dopo aver rifondato la squadra e convinto il presidente a fare uno sforzo enorme per costruire una rosa in grado di centrare l’obiettivo Champions, nella stagione che verrà Mancini vuole lottare per vincere lo scudetto alla pari con Juventus e Napoli. Il tecnico ha perfettamente recepito gli input del club in tema di fair play finanziario (non ha mai alzato la voce per reclamare giocatori) però questa zavorra non deve diventare un peso insostenibile. Toccherà quindi a Thohir convincere ancor più Mancini della bontà del progetto. E dovrà essere ancora più persuasivo nel caso in cui dovesse scendere in campo la Federcalcio, dato che la suggestione di giocarsi una coppa del mondo alla guida dell’Italia può essere fortissima per il tecnico in raffronto all’idea di condurre un’Inter non all’altezza delle altre rivali scudetto.
ASPETTANDO GUARIN - Quanto sta accadendo in questi giorni è emblematico delle difficoltà che sta creando il fair play finanziario sul mercato: Ausilio prima di pensare a rinforzare la squadra, dovrà pensare a vendere per rientrare dai 7 milioni di disavanzo dalla campagna estiva (un “buco” che sarebbe stato tra le cause della defenestrazione del dg Fassone) e quindi dovrà sperare che Guarin accetti la proposta dello Jiangsu Suning. Ieri a Milano è andato in scena il primo round tra gli emissari del presidente Liu Jun e Marcelo Ferreyra, procuratore del colombiano. Oggi è previsto un nuovo round: Guarin preferirebbe lo Zenit San Pietroburgo (dove potrebbe ritrovare André Villas Boas) ma l’Inter ha già detto no all’offerta per un prestito arrivata dalla Russia. Al contrario il club nerazzurro ha sventolato bandiera verde ai cinesi (che offrono 15 milioni per il cartellino) come ha posto sul cartellino di Ranocchia il prezzo (10 milioni trattabili) qualora il Milan - o la Roma - fossero interessate a un prestito con obbligo di riscatto. Ausilio ha la necessità di fare almeno una cessione importante per iniziare a pensare di poter accontentare Mancini (Soriano il primo obiettivo). E l’allenatore aspetta... e spera pure che in estate - una volta conquistata la Champions - il progetto assuma contorni... tricolori. Altrimenti dirà sì all’Italia.