TORINO - «Contro questo sistema non posso vincere, ma non accetto il verdetto. Di questa vicenda sono la vittima, non certo il colpevole». Alex Schwazer parla a "Dribbling", in onda il 29 aprile alle 13.30 su Rai2. «Il processo penale - ha spiegato il marciatore, squalificato per doping alla vigilia dell'Olimpiade di Rio - va avanti e voglio la verità. Questa storia sarà importante non solo per me ma anche per altri sportivi. Lo sport deve cambiare le regole, che siano uguali per tutti, non solo per chi lo pratica ma anche per funzionari, medici e dirigenti. Il mio campione di urina deve essere portato in Italia, sottoposto ad indagini accurate per capire bene di cosa si tratta».
COMPLOTTO - «Siamo al centro di un complotto - aggiunge l'avvocato Gerhard Brandstatter - Abbiamo tutte le certezze ed i riscontri che non c'è stato alcun caso di doping. Abbiamo già informato la Procura di Bolzano che metteremo una taglia, ricompenseremo chi saprà darci notizie utili su cosa è realmente successo. Sappiamo bene da Sochi in poi che le provette possono essere manomesse. Questo è un attacco portato soprattutto nei confronti del professore Sandro Donati, il simbolo dell'antidoping». E proprio Donati, nell'intervista, ricorda che in meno di un anno «Schwazer si è sottoposto a più di 60 controlli a sorpresa presso l'Ospedale San Giovanni, rinunciando alla finestra Wada e dando la piena disponibilità per tutto il giorno. Ora chiediamo il test del Dna sul campione di urine. Se il magistrato accerterà l'innocenza di Alex, puntiamo a farlo tornare alle gare. E vi garantisco che sarà difficile battere Schwazer in una sola gara da qui a Tokyo 2020».